partiamo da dei semplici dati numerici:
- in Germania, in un anno (il 2009), hanno fatto circa 113 milioni di
operazioni doganali mentre in Italia sono state "solo" 17 milioni
- in Germania operano 1.872.000 imprese, mentre in Italia sono 3.900.000
- in Germania i lavoratori impiegati nelle 1.872.000 imprese sono circa
13.000.000 di persone, esattamente uguale al numero dei lavoratori impiegati
nelle 3.900.000 aziende italiane!
- in Germania sono stati "incassati" dazi all'import pari a 2,6 miliardi di
euro, in Italia 1,3 miliardi di euro
Cosa balza all'occhio?
Che in Germania, la META' di aziende fa incassare allo Stato il DOPPIO di
dazio.
(Se qualcuno se lo ricorda, scrissi tempo fa che il rapporto lavoro
Italia/lavoro Germania era 4/1, cioè in Italia sono necessarie 4 persone per
fare lo stesso lavoro di 1 persona in Germania)
Ma anche che in Germania fanno quasi sette VOLTE il numero di operazioni che
facciamo noi (esattamente sono 6,65 volte, visto che questo è il risultato
se si divide 113 per 17!).
Quindi il rapporto da 1/4 sale a 1/6,65 ...!
Insomma noi lavoriamo MOOOOOOOOOOLTO di più per produrre molto ma molto di
meno.
Volete un altro numero?
I containers con merce destinata all'Italia ma "entrati" in Europa dai porti
di Amburgo e Rotterdam sono stati 2,5 milioni!
Praticamente più del doppio di quelli che normalmente transitano da Genova!
Se "tutta" la merce destinata in Italia entrasse da un porto italiano (come
Genova), il "lavoro" di Genova sarebbe triplicato!
(E, ovviamente, triplicando il lavoro ... triplicherebbero anche i "posti di
lavoro"!)
C'è un altro dato da tenere presente: quando merce destinata in Italia
"entra" da un porto europeo non italiano, il DAZIO (dovuto all'importazione
e pagato dall'importatore/consumatore finale) non resta tutto nelle casse
italiane, ma il 25 per cento passa allo Stato Estero che controlla il porto
di entrata (quindi, l'Olanda, ad esempio, non solo gestisce centinaia di
migliaia di containers che potrebbero tranquillamente evitare di transitare
da Rotterdam, e quindi su quel lavoro di transito "guadagna", ma si porta a
casa anche una bella fetta del DAZIO che, altrimenti, sarebbe tutto
italiano!)
Insomma ci facciamo male due volte.
E tutto questo perché?
Perché da noi le operazioni sono molto più complicate, la burocrazia ci
attanaglia alla gola, le procedure sono farraginose, le leggi cambiano
continuamente, le circolari esplicative su una stessa norma si sprecano
(sapete che per la sola questione del deposito iva, da agosto ad oggi sono
state emanate 4 diverse circolari dall'Agenzia delle Dogane ... una più
complicata dell'altra? Anziché continuare a interpretare, burocratizzare,
complicare, bisognerebbe semplicemente cancellare tutto ed agire ESATTAMENTE
come fanno negli altri 26 Stati Europei)
E' mai possibile che l'Italia (unica su 27 Stati) abbia leggi, procedure,
interpretazioni, disposizioni totalmente DIVERSE da quelle di tutti gli
altri?
Quand'è che davvero diventeremo anche noi uno Stato "Europeo"?
Tornando al titolo, ecco: se l'Italia adottasse le stesse procedure, le
stessi leggi, le stesse normative, le stesse interpretazioni del resto
d'Europa, due milioni e mezzo di containers tornerebbero a transitare per i
nostri porti e le nostre aziende di logistica dovrebbero assumere 12.000
persone per gestire il nuovo volume di traffico.
Per creare 12.000 posti di lavoro basta un click che cancelli norme e
regolamenti assurdi ed obsoleti: è davvero così difficile? |
commento ricevuto: "In occasione della consegna del premio "Il logistico
dell'anno 2011", a Milano, la dirigente delle Dogane Dott. Alvaro ha
dichiarato con forza alla platea di spedizionieri e corrieri presenti che se
l'Italia controlla le merci in entrata e gli altri paesi europei no, sono
questi ultimi a doversi muovere in questa direzione; non l'Italia a dover
abolire i controlli.
Mi pare che la proposta che Lei avanza non rappresenti gli interessi di
tutti gli attori in gioco: tanto per cominciare, ammesso e non concesso che
all'ipotesi formulata corrisponda un'aumento dei posti di lavoro di 12000
unità, vorrei che mi spiegasse in nome di cosa, a titolo esemplificativo,
dovremmo sacrificare la sicurezza alimentare dei cittadini italiani, (e
anche europei), che grazie ai controlli alle frontiere italiane vedono
arrivare sulle loro tavole meno prodotti non adatti ad entrare in contatto
con gli alimenti perchè realizzati con sostanze nocive che migrano nei cibi,
prodotti alimentari contaminati e via dicendo.
Se questo è il prezzo della competitività bisogna che ci mettiamo d'accordo,
informando i cittadini e mettendo sul piatto gli omessi controlli e i
riflessi sanitari in termini di aumento di future patologie da un lato, e i
posti di lavoro dall'altra.
Se questa situazione determina uno svantaggio in termini di competitività,
per uno spedizioniere italiano rispetto a uno europeo, lavoriamo insieme e
cerchiamo delle soluzioni ma non gettiamo via il bambino con l'acqua sporca.
Ritroviamo un po' di senso dei posteri: non c'è soltanto il nostro
orticello. Daniele T." |
risposta: caro Daniele
conosco molto bene la dott.ssa Alvaro.
Facciamo un salto indietro nel tempo: nel lontano 1991 ... una legge dello
Stato autorizzò i pagamenti dei diritti doganali con un "bonifico". Sono
passati vent'anni e lo Stato NON è ancora stato in grado di APRIRE UN CONTO
in banca per permettere questa semplice operazione. Tutt'oggi dobbiamo
andare in banca, far preparare un assegno circolare, attraversare Milano e
recarci in dogana per consegnare al funzionario incaricato l'assegno.
Se questa procedura ASSURDA fosse eliminata, verrebbe meno l'integrità dei
cittadini e/o la salvaguardia della salute?
Altro esempio: una normativa europea permette di versare l'IVA "dopo" che la
merce è stata "immessa in consumo". L'Italia (unico Stato Europeo) questo
non lo permette. Quindi se la merce ENTRA da un porto Italiano i diritti
doganali vanno versati SUBITO, mentre se la stessa merce entra da Rotterdam,
i diritti doganali verranno versati "dopo", a tempo debito.
Se questa imposizione tutta italiana fosse eliminata, verrebbe meno
l'integrità dei cittadini e/o la salvaguardia della salute?
E finiamo in bellezza: ipotizziamo di avere una merce in arrivo dalla Cina e
destinata a Milano. Bene: la dogana fa i controlli quando la merce ENTRA da
un porto Italiano. Mentre NON fa lo stesso tipo di controllo se la merce
entra da Rotterdam. Però in entrambi i casi il "consumatore" è milanese.
Quindi i casi sono due: o l'Europa si adegua all'Italia ... oppure l'Italia
si adegua all'Europa. Altrimenti ci ritroviamo cornuti e mazziati (la merce
arriva "comunque", anche senza controlli, e le aziende di trasporto italiane
sono quelle tagliate fuori!)
Ma se invece vogliamo continuare ecco un'altra cosuccia: da qualche tempo
esistono i controlli radiometrici. Bene, a Rotterdam TUTTI (e dico "tutti")
i containers che arrivano dall'estero, escono dal porto passando sotto uno
scanner, quindi TUTTI (e dico "tutti") i containers sono controllati. Costo
per l'importatore? ZERO! In Italia "alcuni" containers presi a caso (o "a
discrezione" della dogana) vengono controllati. Costo per l'importatore: tra
i 500 ed i 1000 euro. Mi pare chiaro che i MIGLIORI controlli vengano fatti
a Rotterdam ... e non in Italia. Allora non è nemmeno vero che noi italiani
CONTROLLIAMO meglio! Facciamo solo pagare MOLTO ma molto di più i controlli
che in altri porti vengono fatti meglio e gratis!
Adesso è chiaro perché poi uno si arrabbia?
:-)
Grazie di leggermi
Paolo Federici |