De Causarum Actore

Trattato sulla giustizia e sul ruolo dell'avvocato, di Paolo Federici


De Causarum Actore

Prologo: significato della parola "avvocato" in latino: Causarum Actor

La prima cosa che ho fatto, quando ho deciso di scrivere questo libretto, è stata prendere il vocabolario di latino di mia figlia e cercare l’origine di "avvocato". Forse l’etimologia è "ad vocatum"? Nell’antica Roma si chiamava "causarum actor": l’attore delle cause!

Però a pensarci bene, "actor" vuol dire colui che agisce, colui che fa, colui che genera (causarum) le cause!

Ma allora le cause esistono perché ci sono i "causarum actores"?

Insomma, la domanda è: ma se non ci fossero gli avvocati, esisterebbero ancora le cause?

Io dico di no!

Ed in questo libro cerco di spiegare perché.

Paolo Federici

De Causarum Actore

Capitolo 01: volevo diventare avvocato

"Lei non si rende conto del grado di impreparazione in cui si trova"

"Ma come, professore? Non è giusta la mia risposta alla domanda che lei mi ha fatto? E, comunque, solo una domanda e a casa?"

"Guardi che qui non c'è Mike Bongiorno, con la domanda di riserva! Vada, vada. Lei non si è preparato per l'esame"

"Scusi, professore, ma lei davvero ha capito tutte queste cose su di me da una sola domanda, alla quale ho risposto giusto?"

Mi ero preparato all'esame di diritto privato per oltre sei mesi. Poi è bastata una sola domanda (alla quale, ancora oggi, sono convinto di aver risposto giusto!) ed il giudizio insindacabile dell'esimio professore mi ha così miseramente stroncato la carriera.

In fondo ho sempre avuto poca fiducia nel giudizio degli "esaminatori".

Si studia per mesi, si fanno sacrifici, si perdono notti sui libri, e poi un arrogante professore decide insindacabilmente del tuo futuro, della tua vita!

La mia esperienza scolastica era stata traumatica: sempre promosso dalla prima elementare alla quarta liceo, sempre seduto al primo banco, sempre attento e presente, assente solo per motivi assolutamente validi (insomma, non ho mai "bigiato" in vita mia), dopo tredici anni di successi, in quinta liceo ero stato ammesso all'esame di maturità con tutte le sufficienze.

Ancora oggi, dopo oltre trent'anni, non so spiegarmi cosa sia successo agli esami di maturità: ammetto di aver forse sbagliato il compito di matematica, ma almeno agli orali credevo di aver recuperato.

Grande fu la sorpresa quando, all'uscita dei "quadri", cercai di capire con quale voto ero stato promosso.

Fissavo la riga che riportava il mio cognome "Federici" e più in là, sulla destra, "non maturo".

"Ecco - pensavo tra di me - ho sbagliato riga"

Riprovavo, seguendo la riga con il dito: sì, era proprio il mio nome ed ero davvero stato bocciato.

I miei compagni cercavano di rincuorarmi.

Neanche loro si spiegavano come mai, quello che era sempre stato uno dei migliori della classe, fosse stato bocciato.

Ma tant'è: quello era stato deciso e niente si poteva fare per cambiare la storia.

Ripensandoci a distanza di anni, so che quella violenta "facciata" è servita a svegliarmi.

Ho smesso di essere succube dei professori, accondiscendente con gli altri, deferente con il potere ed ho iniziato la mia lotta.

L'anno dopo, ripetendo la quinta liceo, ho preso possesso dell'ultimo banco e sono diventato un contestatore, tanto, quando i professori mi interrogavano, ero sempre preparato (avevo studiato già tutto l'anno prima!).

Arrivai a far fare una figuraccia al professore di matematica.

Mentre spiegava un'espressione di secondo grado, mi alzai dicendo "scusi, professore, ma non si dovrebbe fare così?", ed illustravo un mio procedimento.

Il professore mi dava ragione e cambiava il "suo" procedimento, applicando invece il mio.

Però la soluzione non arrivava.

Allora ero io ad alzarmi di nuovo dicendo: "vede, professore, il procedimento che le avevo suggerito io, è sbagliato (e spiegavo il tutto matematicamente parlando) mentre il procedimento giusto era quello che lei aveva adottato prima"

Si tornava dunque al "primo" procedimento e la soluzione arrivava.

Ero però stato capace di far cambiare idea al professore proponendogli un procedimento sbagliato, senza che lui lo capisse, ed ero poi stato capace di rigirare il coltello nella piaga facendogli fare una doppia brutta figura.

Da allora in poi, il professore di matematica mi guardava terrorizzato quando alzavo la mano per chiedere qualcosa.

E quando gli chiedevo "professore, ma quando mi interroga?", rispondeva "Federici, non c'è bisogno che ti interroghi. Lo so che la matematica la sai!"

Mia madre andava alle udienze ed i professori le dicevano "suo figlio è disattento, distratto, menefreghista; però quando lo interroghiamo, le cose le sa". Mia madre rispondeva "forse perché le aveva studiate già l'anno scorso, quando l'hanno bocciato"

All'esame di maturità, dopo un'ora avevo già terminato la prova di matematica.

Il "membro interno" (il "nostro" professore, che faceva parte della commissione esaminatrice) era l'insegnante di italiano.

Mi si avvicinò dicendo "aspetta, non andare via. Dammi il tuo compito"

E, con il mio compito in mano, vagava per l'aula dando suggerimenti e consigli ai miei compagni.

Mi sentivo orgogliosamente risarcito: quella scuola che un anno prima mi aveva miseramente bollato come immaturo, adesso pendeva dalle mia labbra (o meglio dal mio compito di matematica) sapendo che non poteva essere altro che esatto, e solo perché lo avevo fatto io.

All'esame di italiano parlai di Pirandello, di quello che per me è il suo capolavoro "Uno, nessuno e centomila".

L'anno prima ero stato bollato come incapace; ora ero il terrore del professore di matematica ed il "faro" al quale guardavano i miei compagni.

Ero stato accondiscendente con il "potere" e adesso lo combattevo in ogni sua forma.

Ero stato ligio al dovere e adesso ero il ribelle per eccellenza.

Ma, in fondo, tra le centomila sfaccettature ero sempre "uno": Paolo Federici.

Fui promosso con il quarantadue e decisi che non sarei andato all'università: non potevo più accettare che un giudice incompetente decidesse della mia vita.

Fu solo dopo cinque anni di "full immersion" nel mondo del lavoro (che già mi stava dando non poche soddisfazioni) che decisi l'iscrizione all'università di Pisa, facoltà di legge.

Speravo che gli esami all'università fossero diversi da quelli della maturità.

Invece il mio sogno si infranse al primo esame, davanti ad un professore che si esaltava dicendomi "Lei non si rende conto del grado di impreparazione in cui si trova"

De Causarum Actore

Capitolo 02: la mia prima volta in Tribunale, senza avvocato

La prima volta che entrai in Tribunale, lo feci da solo; senza avvocato, per difendermi da una richiesta di pagamento avanzata da una delle più grandi compagnie di assicurazione, la SAI.

Nel 1976 attraversavo un momento difficile: mi ero appena sposato, mia moglie era incinta ed io avevo lasciato il mio lavoro in mezzo al mare (facevo il commissario di bordo sulle navi da crociera) per lavorare a terra, vicino a casa.

Lo stipendio era ben misero rispetto a prima e le difficoltà economiche non erano poche.

Pensai di farmi un'assicurazione sulla vita: casomai mi fosse successo qualcosa, non avrei lasciato moglie e figlio in mezzo ad una strada.

Passando a rinnovare l'assicurazione dell'auto chiesi "vorrei farmi un'assicurazione sulla vita, come funziona?"

L'incaricato SAI mi disse "abbiamo questa proposta, che costa 25.000 lire all'anno, con un programma di dieci anni"

"Ma, non si può fare solo per un anno?"

"No, bisogna firmare il contratto, impegnandosi per almeno dieci anni"

"Allora grazie, non mi interessa"

Non me la sentivo di impegnarmi a pagare per i prossimi dieci anni.

Stavo uscendo, quando l'incaricato SAI mi richiama:

"Senta, possiamo fare così: lei firma il contratto e paga le 25.000 lire per quest'anno; se poi l'anno prossimo non vuole continuare, strappiamo il contratto e buonanotte"

Accettai, firmando, fidandomi sulla parola.

L'anno dopo, quando mi presentai a pagare l'assicurazione dell'auto, dissi "per quanto riguarda l'assicurazione sulla vita, non intendo rinnovarla"

"Ma non si può annullare" mi dice proprio quello stesso impiegato che un anno prima mi aveva promesso che avremmo potuto strappare il contratto.

"Come non possiamo? Proprio lei mi aveva detto che avrebbe strappato il contratto se non volevo rinnovarlo"

"Avrà capito male. Comunque sia, qui c'è un contratto, con la sua firma e l'impegno a pagare per dieci anni"

Non potete immaginare la mia rabbia in quel momento.

"Senta - dissi - io non pago più e quindi voi non mi assicurate più: siamo pari! Arrivederci e grazie"

Dopo pochi giorni mi chiama l'avvocato della SAI.

Cerco di spiegargli come stanno le cose, ma lui mi fa la sua "filippica" sulle leggi, i contratti, le firme e mi da un termine per pagare se no mi porterà in Tribunale, e allora dovrò pagare anche le spese legali"

Io non cedo.

Fino a che mi arriva la convocazione in Tribunale.

Mi presento al giudice e, dopo che l'avvocato della SAI ha fatto la sua bella arringa, dopo che il perito della SAI - nominato per l'occasione - ha evidenziato i dettagli del contratto e tutte le sue belle clausole, mi viene data la parola.

Esordisco dicendo:

"signor giudice, da una parte abbiamo la SAI assicurazioni, società di non so quanti miliardi di capitale, difesa da un principe del foro come l'avvocato Pastorino, supportata dall'esperienza di un perito esperto nella materia; dall'altra parte abbiamo Paolo Federici, senza avvocato e nullatenente. È chiaro, hanno ragione loro!"

Il giudice mi guarda quasi con odio e sbraita: "se ripete una cosa del genere, la faccio arrestare in aula per oltraggio alla corte"

Al che io: "d'accordo, ecco la verità".

E gli racconto la storia, così come l'ho scritta adesso.

Il giudice capisce, sa che ho ragione, sa che ho subito un inganno, ma lui deve attenersi ai fatti.

Come può aiutarmi?

La mia fortuna è che, sulla Polizza Assicurativa, la data di scadenza è stata leggermente pasticciata: mese ed anno di scadenza sono riportati correttamente (10 anni dopo!), ma il giorno era stato corretto. Prima avevano scritto un sette e poi corretto in un otto.

Il giudice prende spunto da questo piccolissimo errore per dire "questa correzione mi fa pensare che, come dice Federici, si è discusso sulla data effettiva di scadenza, quindi …"

La SAI ha ritirato l'ingiunzione.

Il giorno stesso gli ho disdetto tutte le altre polizze assicurative (non solo l'assicurazione per la mia auto, ma anche quelle di mio fratello e di mio padre) e da allora non ho mai più sottoscritto un'assicurazione SAI.

Quel giorno ho capito una cosa: un avvocato è pronto a qualsiasi falsità per di avvalorare la tesi del suo cliente.

Un giudice, invece, vuole solo il trionfo della verità e della giustizia.

De Causarum Actore

Capitolo 03: il mio primo avvocato, grande amico e mio difensore di fiducia

Aveva un meraviglioso studio in centro: mi accoglieva fumando un sigaro ed assicurandomi la vittoria in qualsiasi causa!

Iniziai affidandogli la causa del mio divorzio. Poi passai a fargli fare qualche recupero credito.

E se qualcuno invece reclamava "ingiustamente" dei crediti da me, lasciavo a lui dirimere la questione.

Era molto bravo a transare.

Anziché fare una causa per recuperare "forse" 20 milioni da un cliente, era meglio accettare un pagamento di 15.

Anziché andare in causa con un fornitore che reclamava 90 milioni (anche se in effetti io ero convinto di dovergliene solo 30!) e rischiare di perdere la causa e quindi doverli comunque pagare tutti 90, era meglio transare a 70, da pagarsi dilazionati nel tempo!

In fondo, come poter avere fiducia nella giustizia? I processi si trascinano per anni, per non dire decenni!

Una decisione non arriva mai. Mi diceva "l’avvocato proprio a questo serve! Per evitare le lungaggini dei processi e sistemare le cose nel migliore dei modi! Entrambe le parti debbono mettersi in testa che a qualcosa debbono rinunciare, ma almeno si arriva ad una definizione veloce, evitando di tenere troppo in sospeso ogni cosa"

Per spiegare ancora meglio quanto mi è successo, penso che basti il testo della denuncia da me presentata il 26 luglio 1991.

Il sottoscritto Paolo Federici (etc etc) espone e premette:

Insomma, l’avvocato mi aveva raccontato di avere raggiunto un accordo che non esisteva. Io avevo pagato lire 67.000.000 credendo di saldare il mio debito con la finanziaria, ed invece mi ero ritrovato con un debito ben più alto (con la finanziaria stessa!) e con la somma di lire 67.000.000 sparita nelle tasche dell’avvocato.

Da una rapida indagine risultò che anche altra "transazioni" avevano fatto la stessa fine: io versavo i soldi all’avvocato, questi NON li trasmetteva ai creditori e quindi i miei debiti rimanevano (ed anzi lievitavano) ed i miei svariati milioni versati all’avvocato, proprio per sanare i debiti, invece sparivano.

Decisi di andare a fondo alla cosa: in Tribunale mi dissero che l’avvocato era stato radiato dall’albo già da tempo, proprio per questo suo continuo modo di operare (insomma, truffava i suoi stessi clienti, facendosi versare somme che dovevano servire per chiudere delle contestazioni in atto – sulla base di accordi che lui sosteneva di avere preso con la controparte - mentre invece servivano solo a rimpinguare il conto in Svizzera dell’avvocato stesso).

E poi, cosa è successo? Niente!

Io non ho mai recuperato una lira. Ho saputo che, qualche anno dopo, l’avvocato è andato a schiantarsi contro un palo mentre viaggiava in moto, lasciando questo mondo e tutti i suoi problemi!

De Causarum Actore

Capitolo 04: il mio secondo avvocato, con la sala d'attesa fuori della porta

Nell’aprile 1992, e fino dall’agosto 1990, mio figlio Andrea si era definitivamente trasferito a vivere con me (nonostante la sentenza di divorzio del gennaio 1988 lo avesse affidato alla madre!).

Onde evitare che la madre lo "reclamasse" indietro (cosa che intendeva fare, dopo essersi accorta che se Andrea viveva con me, non dovevo più pagare a lei gli alimenti per il figlio!) per l’inizio della scuola a settembre, era necessario far modificare le condizioni del divorzio.

Andrea frequentava la terza media ed era assolutamente d’accordo a restare con me, avendo già anche scelto la scuola superiore che intendeva frequentare, ma era necessario un avvocato che depositasse la richiesta di modifica in Tribunale, tempestivamente.

Scelsi un "nuovo" avvocato (il precedente, dopo avermi truffato, era stato radiato dall’albo!), e gli spiegai la situazione, chiedendo un intervento urgente.

Quasi ogni giorno lo chiamavo per sapere se aveva presentato la domanda in Tribunale, ed ogni volta una nuova scusa per giustificare il ritardo.

Temevo che, presentando in ritardo la domanda, e quindi fissando un’udienza DOPO il 15 settembre, l’iscrizione alla scuola superiore "valida" fosse quella fatta dalla madre in scuola diversa da quella scelta da Andrea, e comunque nella città di residenza della madre (Alessandria) anziché nella nostra (Segrate)

Penso che basti lo scambio epistolare con il mio legale

 

Lettera dell’avvocato inviatami il 3 0ttobre 1994

Ritenendo esaurito l’incarico conferitomi, con la presente mi permetto chiederLe se posso provvedere all’archiviazione della stessa, previo invio di bozza della mia notula, che sarà tramutata in fattura a pagamento avvenuto

 

Mio fax del 17 ottobre 1994

Egregio avvocato,

ho ricevuto la Sua raccomandata del 03 10 94 e desidero commentare come segue:

ricordo di averle versato due acconti e di aver poi anche pagato la parcella del Suo corrispondente di Alessandria. Ritenevo quindi di aver regolarizzato ogni Sua spettanza. Vorrei puntualizzare che Le avevo chiesto (nell’aprile 1992) un intervento urgente ma Lei – solo dopo miei numerosi solleciti – presentò l’istanza a metà luglio. Così l’udienza venne fissata con la scuola già iniziata ed il ragazzo (che PRIMA dell’inizio della scuola non avrebbe avuto problemi a restare con me) fu forzatamente costretto ad accettare una situazione DI FATTO che lo vedeva ormai aver iniziato la scuola con la madre. Il fatto positivo è che dal giugno 1993 il ragazzo si è poi trasferito con me, ma la madre continua a reclamarmi il pagamento degli alimenti. Sono già stato in Tribunale tre volte ma (senza avvocato) la causa l’ho ormai vinta io!

Resto a Sua disposizione per ogni ulteriore chiarimento Le necessitasse.

 

Lettera dell’avvocato inviatami il 24 ottobre 1994

Ho letto il Suo incredibile fax del 17.10.1994, il cui contenuto è quanto mai stupefacente.

Dato che io non sono abituato ad avere rapporti conflittuali con i miei assistiti, La prego, cortesemente, voler depennare dal Suo taccuino il mio nome, astenendosi in futuro dal rivolgermi richieste di qualsiasi natura, poiché ho ben capito che Lei non sa apprezzare che cos’è l’impegno professionale.

Il fatto di aver conosciuto, nella Sua vita, più di in triste personaggio, non La deve indurre a misurare tutti con lo stesso metro.

 

Mio fax dell’8 novembre 1994

Egregio avvocato,

Ho ricevuto la Sua incredibile raccomandata del 24 10 1994, il cui contenuto è quanto mai stupefacente.

Invece che rispondere (e magari contestare) le mie ben dettagliate considerazioni, Lei ha preferito affermare "ho ben capito che Lei non sa apprezzare che cos’è l’impegno professionale" (forse era meglio il congiuntivo "che cosa sia l’impegno professionale"!).

Forse che non era possibile una "contestazione" alle mie affermazioni, in quanto totalmente veritiere?

Forse che Lei si è offeso per la mia schiettezza nel dire (e scrivere) ciò che penso (so che la diplomazia non è il mio forte!)?

Sarebbe stato più serio (invece che inalberarsi senza ragione) scrivermi spiegando in che cosa sia consistito il Suo decantato "impegno professionale" e magari farmi avere regolare fattura degli ammontari (500.000 + 500.000 lire) a suo tempo trasmessi.

Vorrei terminare dicendo che nel mio precedente fax non mi sono insuperbito dichiarando (come invece ha fatto Lei!): "La prego, cortesemente, voler depennare dal Suo taccuino il mio nome", ma ben più umilmente chiudevo dicendo "resto a Sua disposizione per ogni ulteriore chiarimento Le necessitasse", lasciandole quindi la più ampia possibilità di replica.

Resto ancora a Sua disposizione per ogni ulteriore chiarimento Le necessitasse.

 

Fax dell’avvocato del 9 novembre 1994

Non riesco a capire la ragione per la quale Lei cerchi, in ogni modo, di farsi in me un vero nemico; sappiamo tutti quanto siano preziosi nella vita gli amici, perché fare di tutto per andare in senso opposto?

Preso atto della Sua lapalissiana e totale superiorità, La prego, ancora una volta, di non volermi più considerare, astenendosi dal rivolgermi ulteriore corrispondenza, tanto più se gravemente offensiva.

 

Mio fax del 10 novembre 1994

Egregio avvocato

Le spiego:

De Causarum Actore

Capitolo 05: l'avvocato che stava per farmi andare in galera con l'accusa di falsa testimonianza

Mi avevano rubato l’auto. Dopo quattro mesi, un venerdì mi chiama l’assicurazione dicendo che per lunedì potevo passare a ritirare l’assegno con la liquidazione della somma disposta a rimborso del furto. Il sabato mi chiama la Polizia dicendo che "forse" hanno rintracciato l’auto e di presentarsi a Monza, per riconoscerla.

Corro immediatamente: naturalmente è lei, non ci sono dubbi (è stata "ritargata", è stato anche ripunzato il numero del telaio, ma da svariati piccoli particolari, è chiaro che è proprio la mia). Però, a questo punto, il lunedì l’assicurazione non ritiene più di dovermi dare l’assegno, visto che l’auto è stata ritrovata.

Qui ci sarebbe da discutere: il "furto" va rimborsato entro 60 giorni (ne erano già passati 120) e se poi l’auto viene ritrovata rimane di proprietà dell’assicurazione.

Comunque a me va bene qualsiasi soluzione: o l’auto o i soldi!

Il problema nasce quando l’assicurazione NON intende liquidarmi perché l’auto è stata ritrovata ed il Tribunale NON intende rilasciarmi l’auto perché ci sono ancora indagini in corso.

Dopo altri sette mesi di tira e molla (e siamo a quasi un anno dal furto!), dopo aver fatto intervenire un "legale" per dirimere la questione, dopo che la questione è ancora ferma (l’assicurazione NON liquida, il Tribunale NON dispone il dissequestro) entro in scena con una mia lettera indirizzata al magistrato che sta indagando.

Ma forse è meglio "passare la parola" agli scritti!

Ecco dunque allegate tre lettere: le prime due inviate alla procura della Repubblica di Gorizia, la terza al mio "legale"!

Milano, 30 maggio 2000

Alla procura della Repubblica di Gorizia

Cortese attenzione dott.ssa Puglia

Stimatissima dottoressa Puglia,

Mi rivolgo a Lei per sottoporle un brevissimo quesito: un anno fa mi fu rubata l'auto! A settembre (l'assicurazione NON aveva ancora liquidato il furto) mi chiamò la Polizia sostenendo che "forse" l'auto era stata ritrovata.- Mi venne richiesto di riconoscere l'auto ed io, effettivamente, l'ho (ingenuamente!) riconosciuta!

Quindi:

  1. l'assicurazione NON mi ha più rimborsato (sostenendo che l'auto era stata ritrovata e che io l'avevo riconosciuta!)
  2. LEI non ha ancora disposto il dissequestro, sostenendo che ci sono ancora indagini in corso (dal ritrovamento sono comunque passati oltre nove mesi!)

Quindi cosa succede: che è passato più di un anno dal furto ed io non ho NÈ ottenuto il rimborso per il furto NÈ ottenuto indietro l'auto ritrovata!

I miei amici mi "deridono" dicendomi "sei stato proprio STUPIDO a riconoscere l'auto! Dovevi dire che non era la tua e così ti prendevi i soldi e buonanotte!"

Sono davvero un ILLUSO ad essere onesto?

Quando finalmente LEI si deciderà a dichiarare se l'auto e mia o no (chiaramente, se LEI dichiarerà che quell'auto non è mia, l'assicurazione mi rimborserà per il furto della mia; e se LEI dichiarerà che l'auto è mia potrò finalmente riprendermela!) io sarò comunque (come suol dirsi) "cornuto e mazziato": nel primo caso otterrò un rimborso con oltre un anno di ritardo; nel secondo caso ritirerò un'auto da rottamare (mi dice cosa ci faccio con un auto rimasta ferma, all'aperto, per quasi un anno?).- Sempre che poi non chiedano a me di pagare la giacenza nel parcheggio della Polizia!

Volevo capire se debbo continuare ad avere fiducia nella Giustizia e continuare ad essere ONESTO o no!?

Grazie per l'attenzione (ma chissà se Lei leggerà mai questa lettera e se avrà tempo e voglia di rispondermi, tanto non è mica la SUA di auto!?)

Paolo FEDERICI

 

Milano, 06 giugno 2000

Alla procura della Repubblica di Gorizia - cortese attenzione dott.ssa Puglia

Stimatissima dottoressa Puglia,

ho appena parlato con il mio avvocato il quale mi ha comunicato la Sua intenzione di denunciarmi alla procura della Repubblica per non so bene quale motivo legato alla mia lettera inviataLe lo scorso 30 maggio.-

Poiché avevo trasmesso copia della lettera inviata a Lei anche a MI MANDA RAI TRE, Le trasmetto copia della NUOVA LETTERA che ho appena inviato sempre a MI MANDA RAI TRE ed il cui contenuto si spiega da se.-

Molti saluti

Paolo FEDERICI

 

Spett,le MI MANDA RAI TRE <mimandaraitre@rai.it>

cari ragazzi,

devo chiederVi umilmente scusa per avervi scritto il messaggio allegato (allegata copia della lettera del 30 maggio)!

Il giudice (dottoressa Puglia - procura di Monfalcone/Gorizia) ha MINACCIATO di denunciarmi alla procura di Bologna per averVi scritto!

Visto che in Italia NON C'È GIA' PIU' LIBERTA' DI PAROLA, Vi chiedo umilmente di CANCELLARE il mio messaggio precedente e NON TENERNE CONTO!!!

Non posso certo rischiare di essere denunciato per aver detto quello che penso!!!

Pensavo che in Italia ci fosse LIBERTA' e soprattutto ci fosse GIUSTIZIA, ma evidentemente mi sbagliavo!

A mai più risentirci

Paolo FEDERICI

 

Milano 8 giugno 2000

Egregio avvocato,

Mi é stato riferito che sarebbe intenzione del vostro studio legale denunciarmi per diffamazione.-

Mi lasci fare alcune precisazioni:

  1. il 30 maggio (una settimana fa!) mi sono preso la libertà di scrivere alla dottoressa Puglia per comunicarLe il mio pensiero. A seguito di tale mia lettera, la dottoressa Puglia ha disposto (ieri!) il dissequestro della mia auto. (Nell'atto di dissequestro che ho a mie mani, si fa proprio riferimento alla lettera del 30 maggio!!!).-
  2. quando avevo preso contatto con il vostro studio (erano i primi di febbraio) ero rimasto esterrefatto per tre motivi:
  1. mia moglie continuava a ripetermi che, ogni volta che parlava con Voi, veniva redarguita per l'ormai conclamata ingenuità di aver riconosciuto l'auto! Ma meno male che eravate intervenuti Voi (paladini dei deboli? Mah!)
  2. il dubbio che, seguendo la vostra linea di condotta, potessimo incorrere in gravi sanzioni continuava a roderci. Ma come si fa a non avere fiducia nel proprio avvocato?

A questo punto è chiaro che:

  1. noi stavamo rischiando (ce lo ha ripetuto anche l'ispettore Rubini del Commissariato di Monza) una denuncia per falso in atto pubblico o per falsa testimonianza, proprio perché con la sottoscrizione del vostro "atto", stavamo fuorviando le indagini!
  2. tale "atto" è stato quello che ha ritardato tutta l'operazione di dissequestro, in quanto la Polizia continuava a sostenere che l'auto era proprio la nostra, mentre l'atto (sottoscritto, è giusto ribadirlo, su vostro consiglio) sosteneva esattamente il contrario
  3. nel momento in cui, con la mia lettera del 30 maggio, ho rimesso in chiaro le cose (nella mia lettera, infatti, scrivo che quando mi venne richiesto di riconoscere l'auto, l'ho effettivamente riconosciuta) ecco che nessun ostacolo si è più frapposto e l'auto è stata immediatamente dissequestrata

Il dubbio che ora mi sorge è relativo alla vostra comunicazione in merito all'intenzione della dottoressa Puglia di denunciarmi. Vorrei sapere: voleva denunciarmi per il "tono" della mia lettera (che, comunque, non mi sembra niente di meno che uno sfogo di un cittadino spazientito per i ritardi della Giustizia!) o forse per aver prima sostenuto che l'auto era mia, poi (dietro vostro consiglio) che non la era e poi (nella mia lettera del 30.5) ancora che era mia!?

Quello che è certo è che la dichiarazione presentata per il vostro tramite (quella, ripeto, ove mi si faceva dire che l'auto non era mia!) è scaturita solo perché (ingenuamente) ho deciso di seguire il consiglio del mio avvocato (questa sì che è una grave colpa!)!

Continuo ad essere ingenuo e se questo comporta il dover subire una denuncia per diffamazione, andate pure avanti. Io non cambierò ancora la mia versione dei fatti solo perché Voi vi ritenete diffamati.- Anzi ribadirò, a chiunque me lo chiederà, che l'unico motivo per il quale ho accettato di dichiarare che l'auto non era mia era perché così mi aveva consigliato (oserei dire "ordinato") il mio legale! E, naturalmente, sono pronto a portare i testimoni.-

Il mio suggerimento? Caliamo un pietoso velo su tutta la questione: Voi non fateVi più sentire da me ed io non mi farò più sentire da Voi.-

Paolo FEDERICI

De Causarum Actore

Capitolo 06: l'avvocato che voleva truffare la mia ex-moglie, sua cliente, in una causa contro di me!

Ai primi di gennaio del 1988 avevamo firmato per il divorzio. L’accordo prevedeva che i nostri due figli (Andrea e Alessandro) venissero affidati alla madre, mentre io dovevo passarle 800.000 lire al mese per il loro mantenimento.

Però mi veniva data facoltà di vederli e tenerli con me quando volevo.

Poi nel ’90 (era marzo) Alessandro si trasferì a stare con me e sempre nel ’90 (era agosto) si trasferiva anche Andrea.

All’inizio del 1991 facevo una semplice considerazione: se, quando i figli stavano con lei, dovevo passarle 800.000 lire per il loro mantenimento, adesso che stavano con me, avrebbe dovuto essere lei a passare qualcosa a me per il mantenimento dei figli.

Naturalmente io non ho mai voluto niente, ma altrettanto naturalmente sospesi i pagamenti.

Ed il suo avvocato le consigliò di farmi causa.

Mi presentai qualche volta in Tribunale: dovevo solo spiegare al giudice che non intendevo pagare niente a lei, per il semplice motivo che, adesso, i figli stavano con me.

Il giudice mi faceva sempre la stessa domanda: "chi è il suo avvocato?". Ed io rispondevo sempre nella stessa maniera "non voglio nessun avvocato"

"Allora rimandiamo tutto di sei mesi, Si ripresenti con il suo avvocato"

 

Relazione del colloquio avvenuto il 28 marzo 1995 con il giudice

Io: "Finalmente, dopo due anni o cinque volte che mi presento, riesco a parlare! Vorrei poter depositare la mia memoria difensiva"

Giudice: "Lei ha un legale?"

Io: "No"

Giudice: "Allora lei non può depositare niente"

Io: "Allora, chiariamo subito: l'avvocato io non lo voglio, però chiedo di potermi difendere!"

Giudice: "Senza avvocato Lei non può difendersi"

Io: "Benissimo, allora mi condanni subito e non ne parliamo più.- Prendo atto che Lei mi condanna non perché io sia colpevole, ma solo perché io non voglio un avvocato"

Giudice: "La legge non l’ho fatta io: se Lei vuole difendersi deve per forza nominare un avvocato

Io: "Questo non è vero! In passato mi è già capitato di difendermi da solo ed altri giudici hanno accettato le mie memorie difensive; e (detto per inciso) quelle cause lo ho tutte vinte!

Giudice: "Senta, al massimo posso prendere nota delle sue dichiarazioni"

Io: "Preferirei che prendesse la mia memoria difensiva: sono solo tre paginette ma spiegano bene la situazione! Posso solo dire che mio figlio vive con me, quindi è assurdo che io debba pagare gli alimenti alla mia ex-moglie!"

Giudice: "Allora deve far modificare la sentenza di divorzio!"

Io: "Ho provato a presentare la domanda al Tribunale, ma non l’hanno accettata: mi hanno detto che CI VUOLE UN AVVOCATO!"

Giudice: "La causa viene rimandata all’11 luglio, e Lei è invitato a presentarsi con un legale!

Io: "Benissimo ci rivedremo l’11 luglio.- Posso dirle fin d’ora che sarò nuovamente qui da solo! Arrivederci.-"

 

Lettera pubblicata sul Corriere della Sera, nella rubrica di Indro Montanelli

Un padre divorziato – Alimenti non giustificati

Sono stato in Tribunale per l’ennesima volta. La mia ex-moglie (sono divorziato dal gennaio 1988) continua a chiedermi il pagamento degli alimenti per i nostri due figli. Di fatto Alessandro vive con me (la madre abita in un’altra città), e quindi dovrei essere io a chiedere alla mia ex-moglie il contributo al suo mantenimento, e Andrea vive per conto suo (è maggiorenne e sposato!) e quindi non dovrei più essere tenuto a pagare gli alimenti alla madre. Invece no: per la legge sono io che devo pagare a lei gli alimenti per i figli. La spiegazione? Dovrei far riportare sulla sentenza di divorzio la modifica della situazione (cioè che i figli NON vivono più con la madre). Tuttavia non basta il certificato di residenza; non l’attestato della scuola; non una richiesta ufficiale da me fatta al Tribunale con raccomandata A/R! Ci vuole un avvocato. Non capisco perché, senza avvocato, uno debba essere anche senza "diritti" visto che per la legge o si ha un avvocato (e allora si può essere giudicati) oppure non si ha un avvocato e quindi si è colpevoli

Paolo Federici

 

Quando, durante l’ennesima udienza, l’avvocato della mia ex-moglie chiedeva che al pignoramento della mia auto, già eseguito, facesse seguito il prelievo dell’auto stessa per essere trasferita in un garage ed essere mesa in vendita, così da recuperare la somma reclamata (erano circa 5 milioni di lire), ed il giudice rimandò tutto ad una data successiva, allora chiamai la mia ex-moglie

"Senti, ma tu lo sai che il tuo avvocato sta per farmi portare via l’automobile? Adesso ti spiego io cosa succederà: l’auto la metteranno in un garage, poi la venderanno. I soldi se li divideranno l’avvocato (che tratterrà una buona parte per pagare la sua parcella) ed il garagista (che chiederà le spese di giacenza). Tu non vedrai una lira, ma avrai ottenuto solo di portare via l’auto a tuo figlio. Sì, perché ormai da qualche mese, quell’auto la usa Andrea! Quindi a me non faresti alcun danno. Porteresti via l’auto a tuo figlio ed i soldi se li papperebbe il tuo avvocato!"

La mia ex-moglie rimase perplessa!

"E allora, cosa devo fare?"

"Vuoi darmi retta, per una volta?"

"Sentiamo"

"Allora, io mi impegno a fare il passaggio di proprietà dell’auto a favore di Andrea. D’altronde i soldi avrebbero dovuto essere per il "suo" mantenimento quindi è giusto che auto o soldi vadano a lui! Tu mandi a quel paese il tuo avvocato revocandogli il mandato. Ed alle prossima udienza vieni in Tribunale con me"

Lei accetta.

Il giorno dell’udienza ci troviamo in Tribunale prima dell’orario fissato.

Chiedo di parlare al giudice e spiego la situazione (presentando anche copia della raccomandata inviata dalla mia ex-moglie al suo avvocato, con la revoca del mandato!).

Quando arriva l’avvocato (era passato così tanto tempo dal loro incontro che lui neanche si ricordava che faccia avesse la sua cliente!), il giudice gli chiede "ha invitato la sua cliente a venire?"

E l’avvocato:

"Sì, ma non poteva. Comunque ho la delega datami all’inizio della causa e quindi il problema della sua presenza non sussiste"

Il giudice. A questo punto, si è sentito preso in giro.

"Ma avvocato, mi faccia il piacere. Non riconosce nemmeno la sua cliente?"

L’avvocato tenta un improbabile arrampicamento sugli specchi.

Il giudice mette agli atti il nostro accordo privato e dichiara la causa liquidata senza spese.

Al che io mi rivolgo alla mia ex-moglie ed, indicando il suo avvocato, dico: "Cara, tu adesso NON devi pagare assolutamente niente al tuo avvocato, perché la causa è stata liquidata senza spese. Ed anzi, gli va bene che non lo denunci per quello che stava per fare. Se dovesse chiederti di pagare qualcosa, avvisami che ci penso io a difenderti da certa gentaglia!"

De Causarum Actore

Capitolo 07: l'avvocato col codice indiano, in pasta di riso

Nel marzo 1997 un cliente, che ha ricevuto merce tramite i nostri servizi di trasporto (groupage marittimo), contesta l’addebito delle nostre tariffe.

Si mette di mezzo il suo avvocato che mi chiama chiedendomi di RIDURRE le mie tariffe, altrimenti mi farà causa.

La questione è abbastanza tecnica, per cui non voglio dilungarmi in dettagli che possono essere incomprensibili a chi non "mastica" la materia.

Comunque alla convocazione del Tribunale decido di presentarmi da solo, senza alcun avvocato (come ormai sono solito fare!).

Si discute di un trasporto effettuato dall’India all’Italia e l’avvocato (di controparte!) si presenta con un meraviglioso codice indiano, che sottopone all’attenzione del giudice evidenziandone le caratteristiche bucoliche "guardi che meraviglia: un codice stampato su preziosa carta ottenuta dalla pasta di riso!".

Cerco di farmi sentire: "cosa c’entra questo? Qui siamo in Italia e quindi dobbiamo discutere della legge italiana, o adesso vogliamo metterci a tradurre il codice indiano e poi discutere su quella base?"

Lasciatemi fare una piccola parentesi: purtroppo, quando si discute di un settore molto specifico (in questo caso si trattava di trasporti marittimi!), non è così facile trovare un giudice "ferrato" in materia, quindi sta all’avvocato evidenziare terminologie, dettagli e legislazione alla quale fare riferimento.

L’avvocato stava però raccontando un sacco di "fregnacce", ma il giudice pendeva letteralmente dalle sue labbra! D’altronde lui era un avvocato, mentre io un povero "ignorante" (nel senso di persona che, dunque, "ignora" le leggi!).

Sta di fatto che ad un certo punto mi sono alzato dicendo: "cara dottoressa (il giudice era una donna!), se lei ha voglia di farsi prendere in giro da questo avvocato, faccia pure. Io non accetto che venga travisata la verità in una maniera così assurda."

E me ne sono andato sbattendo la porta.

Arrivato in ufficio ho preparato questa lettera:

 

 

alla cortese attenzione della dottoressa Casanova

innanzi tutto desidero scusarmi per aver lasciato il Suo ufficio in maniera così improvvisa, ma (mi creda!) mi sono sentito molto a disagio per Lei: nel vederla "prendere in giro" da un avvocato senza scrupoli, capace solo di raccontare frottole e girare le frittate.-

Non so se a questo punto Lei avrà già stracciato questa mia lettera, ma spero vivamente che voglia continuare nella lettura.-

Intanto Le mando tutti i documenti che Le ho mostrato, ma che poi non ho avuto il tempo di lasciarle (sono soprattutto polizze di carico relative a merci in arrivo da tutto il mondo, nonché fatture regolarmente accettate e pagate dai principali spedizionieri internazionali italiani, che dimostrano quale sia l’uso comune della gestione di questo tipo di spedizioni!).-

Poi, vorrei darle alcune informazioni aggiuntive, proprio in merito alle "disinformazioni" di cui l’ha subissata l’avvocato di controparte:

  1. ha portato un paragone improprio paragonando la nostra attività (NVOCC: LCL CONTAINER) a quella della Contship (FULL CONTAINER).- Va comunque detto che la CONTSHIP non svuota i containers (li consegna pieni) e lo stesso avvocato Le ha detto che in presenza di una polizza su GENOVA, la CONTSHIP consegna la merce a RIVALTA SCRIVIA (e RIVALTA SCRIVIA non è Genova!).- Il ricevitore (anche con la Contship!) deve quindi SDOGANARE a RIVALTA SCRIVIA (quindi in dogana diversa da Genova)! Ha poi cercato di contestare il fatto che la spedizione in discussione fosse, o meno, LCL (GROUPAGE): a parte la completa assurdità di una siffatta contestazione, la polizza stessa riporta la clausola "LCL/LCL" (che significa LESS CONTAINER LOAD/LESS CONTAINER LOAD, cioè servizio GROUPAGE!).- È vero che, davanti a Lei, io non ho visto questa clausola, sulla polizza che mi mostrava l’avvocato, ma l’ho poi controllata con calma, una volta rientrato in ufficio, e la clausola c’è’ (forse che l’avvocato l’aveva cancellata dalla sua copia, per aggiungere un tocco di eleganza alla massa di falsità che stava raccontando?).- E comunque nella apposita casella è stato indicato il numera dei colli (34 packages, a significare una spedizione groupage) anziché il numero dei containers (avrebbe dovuto esserci "1" se davvero fosse stato un container completo).
  2. ha detto che il COSTO delle operazioni doganali è diverso tra Genova e La Spezia, e questo non è assolutamente vero: il costo dell’operazione doganale è esattamente lo stesso in tutte le dogane d’Italia, essendo regolamentato da un preciso DECRETO MINISTERIALE (DM 6.7.88). Così come sono esattamente gli stessi DAZI ed IVA da pagarsi.-
  3. ha detto che può essere richiesto lo sdoganamento a La Spezia solo per merce destinata a Treviso dove non c’è la dogana, senza sapere che la Dogana c’è DAPPERTUTTO, in tutti i maggiori centri italiani, quindi anche a Treviso, a Bergamo, a Bologna, a Brindisi, etc etc etc - E non solo a Genova!
  4. a me aveva detto che potevo presentarmi senza avvocato, solo per sentirmi dire che però il mio RICORSO non può essere accettato (a questo proposito mi è spiaciuto sentire Lei affermare, con sarcasmo, che senza avvocato si può solo finire nella camera a gas! Al di là dell’ironia, spero vivamente che Lei sia pronta a valutare CHI ha ragione e CHI ha torto, e non decidere solamente in base a CHI ha l’avvocato e CHI non ce l’ha!)

Poiché in TUTTO il mondo "ho ragione io!", inclusa tutta l’Italia (se la merce è destinata a Bergamo, Bologna, Treviso, Bologna, etc etc nessuno mai si sogna di protestare, quando viene richiesto di sdoganare a La Spezia !) ma il problema si pone solo ed esclusivamente quando la merce è destinata a Genova, ero molto interessato ad avere un parere POSITIVO anche dal Tribunale di Genova per risolvere, una volta per tutte, un problema che secondo me è inesistente, ma che invece viene affrontato con così tanta tracotanza da un legale genovese (forse che per far contenta Genova vorremmo convincere tutto il resto del mondo a modificare usi, costumi e leggi vigenti!).-

Con immutata stima nei Suoi confronti, La saluto molto cordialmente

 

 

Il giudice mi ha convocato per una seconda udienza.

Vedendomi sulla porta del suo ufficio mi dice "ha preso un po’ di camomilla oggi? Non vorrei che fosse ancora agitato come l’altra volta"

"Stia tranquilla, sono calmissimo"

Quando l’avvocato della controparte ha affermato che lui mai e poi mai aveva fatto le contestazioni che io avevo evidenziato nella mia lettera, mi è bastato chiedere al giudice copia del verbale precedentemente da lei stessa redatto e mettermi a leggerlo ad alta voce.-

Al giudice non è restato altro da fare che respingere la richiesta della controparte, dandomi quindi ragione, e da quel giorno quella sentenza è diventato un punto di riferimento per tutti i casi analoghi.

Tanto è vero che venne pubblicata sulle riviste del settore con il titolo "groupage marittimo: finalmente una sentenza"

De Causarum Actore

Capitolo 08: la difesa di 200 multati, fatta da me, senza avvocato

Qui non faccio altro che allegare la lettera che ho scritto al Prefetto, dopo averne scritta una analoga al sindaco (rimasta senza risposta) e dopo aver raccolto duecento firme da altrettante persone che, il 24 maggio 2001, erano state multate per divieto di sosta, in via Catalani a Milano.

 

Milano, 11 settembre 2001

Alla cortese attenzione del Prefetto di Milano

 

Egr. sig. Prefetto,

 

oggetto: 200 multe per divieto di sosta in Via Catalani a Milano

 

mi rivolgo a Lei, per segnalarLe quanto segue: la mattina del 24 maggio 2001 tre pattuglie dei vigili hanno fatto un fatturato di circa 30.000.000 di lire multando almeno 200 auto parcheggiate sui marciapiedi della Via Catalani (a 127.000 lire cadauna, faccia Lei i conti!)

 

Perché? Perché un cittadino DILIGENTE (io!) aveva più volte segnalato che da otto mesi c’era un’auto ferma davanti al numero 46 della via Catalani, presumibilmente rubata ma sicuramente abbandonata!

 

Anziché controllare quell’auto e magari dire "grazie della collaborazione", sono piombati come falchi e per due ore sono andati avanti a multare quei poveri 200 automobilisti che, come me e come sempre, posteggiano l’auto sul larghissimo marciapiede di Via Catalani.

 

Vorrei far presente che sulla via Catalani si posteggia DA SEMPRE "sul marciapiede". E comunque il marciapiede è così ampio che resta un abbondante spazio per il transito dei pedoni, quindi la sosta sul marciapiede COMUNQUE non ostruisce il transito pedonale!

 

Insomma, quale è la "mia" colpa: aver voluto fare il dovere di cittadino!!! Ripeto: io ho soltanto segnalato ai vigili che c’è un’auto targata VA B 74234 ferma in sosta davanti a via Catalani 46, a Milano, fin dal lontano OTTOBRE 2000! E per tutta risposta loro hanno mandato tre pattuglie a fare multe a tutti! E visto che i vigili di LORETO 13 non ce la facevano a fare tutte le multe hanno fatto intervenire anche quelli di NIGUARDA!!!

 

E adesso ci sono almeno 200 persone "arrabiatissime" con me perché i vigili hanno detto "papale papale" che loro sono venuti solo a seguito della mia segnalazione!

 

Cosa devo fare? Pagare io le multe per tutti? Pensare che "segnalazioni" al Comune di Milano NON SE NE DEVONO FARE MAI (beata OMERTA’!), perché tanto non ti diranno assolutamente grazie, anzi! O forse bisogna pensare che non si possono disturbare i vigili con "segnalazioni" e quant’altro, tanto loro la collaborazione dei cittadini non la vogliono: i cittadini servono solo per pagare le multe

 

Le chiedo di voler intervenire per far CANCELLARE tutte le multe elevate nell’occasione sopra dettagliata

 

Paolo FEDERICI

 

p.s.: allego elenco di firme raccolte tra i residenti nella via Catalani, nonché tra persone che in Via Catalani lavorano, con indicato anche il NUMERO della MULTA che è stata loro comminata.-

Allego altresì lettera inviata al Sindaco fin dallo scorso 28 maggio e rimasta senza risposta.-

Allego altresì scambio messaggi con il Vice Sindaco, il quale mi invita ad indirizzare la mia richiesta al Prefetto

Allego altresì volantino informativo che stiamo distribuendo nella via Catalani

Allego infine copia del RICORSO che già alcuni cittadini le hanno presentato

 

 

 

Essendo passato oltre un anno da quel giorno (mi accorgo solo ora, rileggendo la lettera, che era l’11 settembre 2001! Un gran brutto giorno, non c’è che dire) le multe debbono intendersi sicuramente cancellate!

 

Finalmente un risultato "positivo", ottenuto forse perché abbiamo agito senza il supporto di un avvocato?

 

Qualche tempo dopo il "Messaggero" ha scritto un articolo sulle multe assurde che vengono fatte in Italia, ed ha dedicato due righe al "mio" caso riportandolo così: "Un cittadino diligente di Milano nota una macchina abbandonata da mesi sul marciapiede (qui è "concesso" parcheggiare sul marciapiede) e avverte i vigili: strage a via Catalani, 200 multe nello spazio di 2 ore per auto diventate da un momento all’altro irregolari. Il solerte cittadino ha difficoltà a farsi vedere in giro, perché i vigili hanno spiegato a tutti che era stato lui a chiamarli. "

 De Causarum Actore

Capitolo 09: l'ignoranza degli avvocati

Ho dovuto prepararmi una lettera circolare. Da spedire a tutti quegli avvocati che mi scrivono contestando l’operato della mia azienda, solo perché "loro" non conoscono le leggi! Vi sembra possibile? Possibilissimo!

E vi posso assicurare che la maggior parte degli avvocati, dopo aver letto la lettera, mi richiamano per SCUSARSI in quanto non "sapevano" come stavano esattamente le cose!

Ecco la lettera fac-simile:

Caro Avvocato,

in merito allo scambio di vedute su quanto in oggetto, vorrei esaminare la questione da un punto di vista LEGALE, cominciando dall’identificare le parti in causa:

Intanto va precisato che esistono due tipi di contratti: uno è il contratto di VENDITA, fatto tra il venditore estero ("ALFA") ed il compratore italiano ("BRAVO") ed uno è il contratto di TRASPORTO, fatto tra il vettore ("CHARLIE") ed il venditore stesso ("ALFA") e, quest'ultimo contratto, rappresentato dalla POLIZZA DI CARICO.

Quindi tra "BRAVO" (ricevitore italiano) e "CHARLIE" (vettore marittimo) non esiste – è vero - alcun tipo di contratto.-

Per cui se "BRAVO" ha delle lagnanze, deve rivolgersi solo ed esclusivamente al suo contraente/venditore e cioè ad "ALFA".

Però, con il trasferimento a sue mani della POLIZZA DI CARICO (che rappresenta il contratto di trasporto) il ricevitore italiano "BRAVO" assume oneri e onori (diritti e doveri) legati al contratto di trasporto, anche se lui non lo ha mai sottoscritto!

Quindi il ricevitore italiano "BRAVO" dovrà comunque attenersi a termini e condizioni previste dallo stesso contratto di trasporto (quindi alle "CLAUSOLE della POLIZZA DI CARICO"). E la POLIZZA DI CARICO prevede svariate cose:

  1. un LIMITE di rimborso per ogni e qualsivoglia tipo di danno: non è sicuramente - e per legge - rimborsabile l'intero valore della merce. Essendo poi il contratto di trasporto (rappresentato dalla BILL OF LADING) sottoscritto a "DELTA", ogni eventuale richiesta di rimborso e/o causa legale può essere solo intrapresa nel luogo ove il contratto è stato sottoscritto, quindi solo ed esclusivamente a "DELTA".
  2. Il PAGAMENTO di tutte quelle somme, già quantificate, relative alle operazioni svolte in Italia (in modo particolare per quanto riguarda la movimentazione delle merci nel terminal doganale di arrivo, dove deve essere effettuata l’operazione doganale di importazione)

Quello che è certo è che QUALSIVOGLIA RECLAMO e/o CONTESTAZIONE va indirizzato sempre solo ed esclusivamente al VETTORE ""CHARLIE"": non esiste alcun motivo legale per chiamare in causa noi.-

Ribadiamo pertanto quanto già comunicato, trasmettendoVi lettera il cui contenuto si spiega da se

Cari signori,

mi preme fare alcune precisazioni:

Un secondo problema che talvolta si pone è legato alle pratiche doganali di importazione: tali pratiche vanno fatte "gestire" da uno spedizioniere doganale patentato (potete sceglierne uno di vostra fiducia, oppure dare incarico a noi che, tramite lo spedizioniere doganale di "nostra" fiducia, provvederemo!) e vanno "pagate" prima di poter ritirare la merce. Insieme alle pratiche doganali, va pagato quanto dovuto al magazzino "doganale" ove la merce si trova, nonché eventuali somme richieste a titolo di Dazio e/o Iva all'importazione!

Minacciarci di azioni legali in quanto noi NON possiamo rilasciare la merce se prima VOI non avete "ottemperato" ai VOSTRO obblighi, la dice lunga sulla vostra conoscenza delle leggi! Purtroppo è sempre l'ignoranza (nel senso di NON CONOSCENZA) delle leggi che crea incomprensioni tra noi e Voi!

Un terzo problema è legato al "QUANTUM": le nostre tariffe (per le operazioni a vostro carico relative alla movimentazione della merce – scarico dal container di arrivo, magazzinaggio, ricarico su vostro mezzo per la consegna) sono UFFICIALI e disponibili a chiunque ce le richieda. Sostenere che voi, al momento che avete concluso l’acquisto delle merci in India o in Indonesia, non sapevate quanto avreste dovuto pagare in Italia e che nessuno è stato in grado di dirvelo, non può giustificarvi nei nostri confronti. Eventualmente potete reclamare con il VOSTRO contraente (colui che vi ha venduto le merci, senza darvi informazioni complete sulle spese alle quali andavate incontro, né sui termini del contratto di trasporto che ha sottoscritto per vostro conto!) ma certamente non potete reclamare con noi!

Molti saluti

Paolo Federici

De Causarum Actore

Capitolo 10: gli avvocati che mi propongono delle truffe

La maggior parte mi contattano via e.mail: si presentano come "legali" di un qualche fantomatico personaggio che ha bisogno di trasferire fuori del suo Paese ingentissime somme (dai 20 ai 150 milioni di dollari!). Hanno saputo che la mia società opera nel campo internazionale e che io sono persona serissima, quindi affidabile per le loro esigenze.

Mi propongono commissioni "enormi" (fino al 35 o 40 per cento), ed io li "aggiungo" al mio elenco che, ogni tanto, mando a giornali e ambasciate.-

Questo è l’ultimo elenco aggiornato!

PROPOSTE FRAUDOLENTE DALLA NIGERIA: continuo a ricevere (ormai da ANNI!) "proposte indecenti" dalla Nigeria. Adesso anche dal Sud Africa e dallo Zaire. Si è aggiunto anche il Togo! E dall'inizio del 2003 anche la Sierra Leone! La FRODE è molto semplice: vi abbagliano promettendovi MILIONI di dollari, poi, per un problema all'ultimo momento ve ne chiedono 10 o 20.000 dollari-. Voi pagate e poi, buonanotte al secchio!

Queste tutte le proposte ricevute fino ad oggi:

 

Questo, invece, è un esempio del testo che mi arriva (poiché mi scrivono in inglese, ho fatto io la traduzione letterale):

Io sono l’avvocato Tom Odion, legale della famiglia del signor Sani Abacha, Ti contatto a nome e per conto di Hajia Mariam, moglie dell’ex capo di stato della Nigeria. Sulla base del detto "l’uomo è un Dio per l’altro uomo", credo che sia il momento giusto per contattarti e farti una proposta. La signora Hajia Maryiam mi ha incaricato di contattare una persona seria e rispettabile, come so che tu sei, per incontrarsi a Rotterdam, in Olanda, e consegnarti la somma di 65.000.000 di dollari (sessantacinque milioni di dollari) che il suo caro marito ha depositato in una cassetta di sicurezza prima di morire. Hajia Maryiam intende affidarti tale somma perché tu la investa al meglio e per la tua assistenza ti verrà pagata una somma pari al 30 per cento dell’intera somma investita. I soldi, in cash, sono già disponibili per il prelievo e la consegna a tue mani non appena arrivi a Rotterdam. Fammi sapere quando intendi presentarti a Rotterdam per le definizione dell’accordo. Ti prego notare che questo "affare" richiede il massimo della segretezza, ma so di poter fare affidamento su di te per questo

Cordialmente

Avvocato Tom Odion

 

O anche (qui vi lascio anche il testo originale, così vi divertite voi con la traduzione!): Io sono l’avvocato Graham Erinma, ed io rappresento Mohammed Abacha, figlio del defunto generale Sani Abacha (I AM BARRISTER GRAHAM ERINMA ESQ. I REPRESENT MOHAMMED ABACHA, SON OF THE LATE GEN.SANI ABACHA, WHO WAS THE FORMER MILITARY HEAD OF STATE IN NIGERIA. HE DIED IN 1998. SINCE HIS DEATH, THE FAMILY HAS BEEN LOSING A LOT OF MONEY DUE TO VINDICTIVE GOVERNMENT OFFICIALS WHO ARE BENT ON DEALING WITH THE FAMILY. BASED ON THIS THEREFORE, THE FAMILY HAS ASKED ME TO SEEK FOR A FOREIGN PARTNER WHO CAN WORK WITH US AS TO MOVE OUT THE TOTAL SUM OF US$75,000,000.00 ( SEVENTY FIVE MILLION UNITED STATES DOLLARS ), PRESENTLY IN THEIR POSSESSION. THIS MONEY WAS OF COURSE, ACQUIRED BY THE LATE PRESIDENT AND IS NOW KEPT SECRETLY BY THE FAMILY. THE SWISS GOVERNMENT HAS ALREADY FROZEN ALL THE ACCOUNTS OF THE FAMILY IN SWITZERLAND, AND SOME OTHER COUNTRIES WOULD SOON FOLLOW TO DO THE SAME. THIS BID BY SOME GOVERNMENT OFFICIALS TO DEAL WITH THIS FAMILY HAS MADE IT NECESSARY THAT WE SEEK YOUR ASSISITANCE IN RECEIVING THIS MONEY AND IN INVESTING IT ON BEHALF OF THE FAMILY)

 

Eccone un altro: "Permit me please to introduce myself to you. Although we have never met before but I believe you will fine in your heart to give concern to this mail. I am assuring you with every sincerity of purpose that we are going to after this transaction be in a good business partnership as I will invest my share of proceed to any profitable venture in your country. I am an attorney (attorney significa "avvocato") to engineer Bill Hwang who is a staff of mobile oil producing blast see. Barrister DOUGLAS AGIDAH Reply to: dagidah@email.ro Tel:(GSM)2348023107221"


Ed io gli rispondo: welcome into the family (benvenuto nella "grande" famiglia) e gli attacco l’elenco di tutti quelli che, prima di lui, ci hanno provato!

De Causarum Actore

Capitolo 11: ed io dovrei farmi difendere da un avvocato?

Il 17 gennaio 2003, ho scritto al Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi

Caro Presidente

ormai non so più a che santo votarmi!

La mia storia in breve: nel 1988 ero contitolare di un'azienda (piccolina: 10 dipendenti). Scoprii che la contabile si era appropriata di 250 milioni di lire. Chiesi aiuto ad un legale e quello invece mi truffò (e poi fu radiato dall'albo!) appropriandosi di 150 milioni di lire! Se vuole posso farLe avere TUTTA la documentazione. Sta di fatto che, non riuscendo a recuperare ben 400 milioni di "crediti" (i 250 della contabile più i 150 dell’avvocato!), portai io stesso i libri in Tribunale ed il 21 01 1992 (11 anni fa!) venne dichiarato il fallimento.-

E poi?

Il 13 12 1999 (quindi oltre 7 anni dopo) mi ritrovavo nei guai perché mi veniva richiesto di pagare 6 milioni di lire per tasse che risultavano ancora dovute dalla mia vecchia azienda (oggi ho un po' di cose pignorate in casa, perché io continuo a rifiutarmi di pagare). Al che scrivevo all’allora Presidente del Consiglio, D’Alema, stracciando le mie tessere del suo partito e dando le dimissioni da italiano

Il 15 novembre 2002 (quindi dopo altri tre anni) i Carabinieri si presentavano a cercarmi a casa mia sostenendo che un qualche giudice mi stava cercando in relazione al fallimento del 21 01 1991

Al che io scrivevo a questo Giudice facendo presente come io abitassi allo stesso indirizzo dal 1988 (quindi da oltre 14 anni!) e che non capivo perché doveva cercarmi come fossi un latitante (allegandogli anche il certificato di residenza)

La lettera che ho scritto al Giudice è datata 18 novembre 2002 (e gliela allego a fine messaggio)

Ieri (16 gennaio 2003, quindi 11 anni DOPO la data del fallimento) mi veniva notificato l’avviso di garanzia con l’imputazione di bancarotta fraudolenta ("cagionava il dissesto della società omettendo l’ammanco di cassa conseguente all’appropriazione indebita della socia!")

Al che io ho immediatamente inviato una raccomandata al giudice (le allego anche questa).

Insomma, domando: vi pare possibile che uno che ha subito DUE truffe (una dalla contabile/socia ed una dall’avvocato!) dopo 11 anni debba ancora subire tutto questo?

E se poi mi condannano, cosa succede?

Mia moglie è terrorizzata: io invece ho una IMMENSA fiducia nella Giustizia, tanto è vero che sto "litigando" con il Giudice (gli ho parlato due volte al telefono!) perché IO NON VOGLIO ESSERE DIFESO DA ALCUN AVVOCATO, tanto per quello che servono gli avvocati!

Ho deciso "socraticamente" di accettare qualunque decisione sarà presa dal Giudice, sapendo che l’unico giudice al quale debbo rispondere è la mia coscienza, e con lei sono assolutamente a posto!

Cordialmente

Paolo FEDERICI

 

Segrate, 18 novembre 2002

Alla cortese attenzione del giudice, dott. Pellicano

Le scrivo in merito a quanto in oggetto. Intanto sono esterrefatto per essere stato chiamato dai Carabinieri (vedi allegato!) i quali sostengono che Lei mi sta cercando, senza trovarmi, dal 1992! Le allego il CERTIFICATO DI RESIDENZA STORICO appena emesso, dal quale si può evincere come io abiti allo stesso indirizzo dal lontano settembre 1988 (quindi da oltre 14 anni!). Il mio indirizzo era assolutamente noto al curatore fallimentare con il quale ho avuto più incontri e dal quale ho ricevuto svariate comunicazioni, a mezzo posta, al mio indirizzo!

Mi preme dunque fare alcune precisazioni:

  1. NON intendo nominare alcun legale di fiducia né intendo essere difeso da alcun legale d’ufficio. È mia precisa volontà accettare "socraticamente" la SUA univoca decisione. Se Lei, dopo aver valutato le mie personalissime considerazioni contenute in questa lettera, riterrà che io debba essere considerato colpevole del reato contestatomi, accetterò la sentenza senza opporre alcuna azione di tipo legale.
  2. La "storia" (anche se sono passati oltre 10 anni) è ben impressa nella mia memoria avendo pesantemente condizionato l’intera mia vita, quindi posso assolutamente dichiarare quanto segue con la massima certezza di dire solo la verità e tutta la verità
  3. Nel 1988 (era il mese di ottobre) scoprii che la mia contabile, sig.ra Gabriella Raffaelli, (presumibilmente in combutta con l’allora mio socio, sig. Umberto Masi) aveva sottratto alla società circa lire 250 milioni, inserendo a bilancio fatture false. Questo aveva creato una situazione di difficoltà per l’azienda, alla quale intendevo porre rimedio ottenendo, dalla sig.ra Raffaelli, il rimborso delle somme sottratte (ottenni solo, dalla sig.ra Raffaelli, assegni e cambiali che non portarono però a niente, essendo stati tutti ed interamente protestati). Naturalmente ci furono svariate denuncie penali nei confronti della suddetta, che però sono rimaste lettera morta!
  4. Alla fine del 1989, per poter continuare ad operare, accettai di cedere la maggioranza dell’azienda al signor Claudio Conti, dietro versamento di una somma (se non ricordo male erano lire 150 milioni) che entrò nelle casse sociali (cioè, tanto per capirsi: ho venduto la maggioranza della mia società senza mettermi in tasca una lira, ma accettando che la somma venisse versata in conto capitale, per permettere all’azienda di recuperare liquidità e superare la situazione di "empasse")
  5. Sempre nel 1989, tramite il mio legale di allora (avv. Franco Bonaccorsi) tentai una transazione con la "SBS factoring" con la quale esisteva una disputa (io sostenevo di essere loro debitore di circa lire 50 milioni, mentre loro sostenevano che gliene dovevo 150).- L’avvocato (nella seconda metà del 1990) mi disse di aver raggiunto un accordo per lire 100 milioni da versarsi in dieci rate da 10 milioni cadauna.-
  6. Per dieci mesi ho dunque provveduto ai versamenti concordati, inviando (per raccomandata!) copia di ogni rimessa (gli assegni li consegnavo all’avvocato Bonaccorsi) anche alla "SBS factoring". Con mia grande sorprese, quando, dopo aver effettuato l’ultimo versamento, ho richiesto la dichiarazione di cancellazione del debito, dopo svariati solleciti ho invece ricevuto comunicazione dalla SBS factoring che non esisteva nessun accordo e che l’intera somma (150 milioni) più gli interessi maturati, era ancora dovuta. Non ci vuole molto a capire che la situazione presentava lati oscuri! Perché la "SBS factoring" aveva aspettato oltre un anno per comunicarmi che non c’era nessun accordo, quando per 10 mesi aveva ricevuto le mie raccomandate con la comunicazione che stavo trasmettendo, mese per mese, gli assegni a Bonaccorsi? Sta di fatto che nel giugno 1991 risultò chiaro come il Bonaccorsi si fosse inventato tutto: la transazione, insomma, non esisteva. Il Bonaccorsi si era bellamente intascato 100 milioni, mettendo in atto una chiara truffa nei miei confronti.-
  7. A questo punto, e solo a questo punto, resomi conto che non solo non riuscivo a recuperarmi i 250 milioni sottratti dalla Raffaelli, ma mi erano stati sottratti altri 100 milioni (dall’avvocato) e quindi la mia situazione debitoria nei confronti della SBS factoring, che ritenevo sanata, era invece ancora in essere e per un ammontare ben superiore al previsto, ho tentato ancora di "salvare" l’azienda: potendo contare su un fido di lire 100 milioni con il Credito Lombardo (che stavo utilizzando solo per lire 30 milioni) ho richiesto all’allora direttore della Banca di mettermi a disposizione i rimanenti 70 milioni del fido. Per tutta risposta la Banca ha deciso di chiudermi il fido, chiedendomi immediata restituzione dei 30 milioni in quel momento utilizzati.
  8. A questo punto, e solo a questo punto, ho preso DUE semplicissime decisione: la PRIMA, quella di dare le dimissioni da amministratore unico. La SECONDA, quella di portare io stesso i libri in Tribunale e chiedere io stesso il fallimento della società
  9. Quello che vorrei che fosse chiaro è che, se esisteva una situazione di difficoltà dell’azienda quella era dovuta solo al "furto" di 250 milioni perpetrato dalla sig.ra Raffaelli. A tale situazione ho comunque tentato di porre rimedio vendendo la maggioranza della MIA società (senza però intascare un soldo, ma solo facendo aumentare le disponibilità finanziarie dell’azienda). Poi con una transazione con "SBS factoring", tramite l’avvocato Bonaccorsi, transazione rivelatasi poi una "truffa" per 100 milioni messa in atto dall’avvocato stesso. Poi ancora tentando di porre rimedio alla situazione utilizzando solo i fidi esistenti, con un piano che NON prevedeva la richiesta di fidi aggiuntivi, ma tale possibilità mi è stata negata dalla banca che ha impropriamente revocato i fidi esistenti.
  10. Insomma, io credo di avere fatto tutto il possibile per risanare la situazione (situazione di difficoltà assolutamente NON dipendente dalla mia gestione, ma da una serie di TRUFFE da me, purtroppo, subite!): nel momento stesso in cui mi sono reso conto che, pur con tutta la buona volontà, non mi era possibile tenere a galla la società, ho immediatamente e tempestivamente portato i libri in Tribunale. Pensare che io, un anno prima, potevo prevedere che l’avvocato mi stava truffando e che la banca mi avrebbe revocato un fido esistente da anni, e che per questo debba essere condannato, mi sembra, quantomeno, illogico. Pensare che io, un anno prima, avrei dovuto rinunciare ai miei emolumenti (attenzione: NON ho mai e poi mai prelevato alcun dividendo! Ho solo prelevato il mio giusto ed equo "stipendio", considerando che io "lavoravo" in azienda tutti i santi giorni, dedicandomi interamente alla "omissis", senza avere alcuna altra fonte di reddito, né alcun altro impiego!) pensando che qualcuno stava mettendo in atto una truffa ai miei danni, mi sembra tipico di chi intenda solamente ragionare col senno di poi!

Attendo conoscere la SUA decisione in merito: ribadisco che NON intendo essere difeso da chicchessia!

Molti saluti

Paolo FEDERICI

 

Segrate, 15 GENNAIO 2003

 

alla PROCURA di Milano

via Freguglia 1

20124 Milano

 

oggetto: prot. "omissis" – fallimento "omissis" – 21.01.1992

 

 

con riferimento all’AVVISO ALLE PERSONE SOTTOPOSTE ALLE INDAGINI DI CHIUSURA DELLE INDAGINI PRELIMINARI e contestuale AVVISO DI GARANZIA SUL DIRITTO DI DIFESA, in base a quanto indicato nell’allegato (allegato "1") a pagina 2 ("chi è sottoposto ad indagini ha facoltà di presentare memorie, depositare documentazione, presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio")

CHIEDO

Che venga messa agli atti la LETTERA da me inviata al dott Roberto Pellicano in data 18 novembre 2002 (allegato "2), il cui contenuto si spiega da se.

Ribadisco la mia FERMA decisione di NON AVVALERMI DELLA DIFESA di qualunque tipo essa sia, in quanto in GIUDICE ha già in mano tutti gli elementi per decidere.

Sono invece assolutamente disposto a PRESENTARMI per rispondere a tutte le domande che il GIUDICE intendesse farmi.

Paolo FEDERICI

 

De Causarum actore

Capitolo 12: l’insegnamento di Socrate

Lo so che sembrerò megalomane, ma il mio caso mi ricorda quello di Socrate. Mi è bastato leggere alcuni capitoli, scritti qualche migliaio di anni fa, per rendermi conto di come non sia cambiato niente. Leggeteli anche voi.

Al giudice dico, ripetendo quanto disse Socrate "La sola cosa cui dovete badare, e badare molto scrupolosamente, è di vedere se io dica cose giuste o no."

E per questo, non ho certo bisogno di alcun avvocato!

 

UFFICIO DELL'ORATORE È DIRE LA VERITA'

Io non so proprio, o Ateniesi, quale effetto abbiano prodotto su di voi i miei accusatori. Quanto a me, mentre li ascoltavo, divenivo quasi dimentico di me stesso: tale era il fascino della loro eloquenza! Eppure, se debbo proprio dirlo, non una parola di verità era in loro. Ma, tra tutte le loro menzogne, quella che mi ha maggiormente colpito è questa: essi dissero che dovevate stare bene in guardia per non lasciarvi trarre in inganno da me, essendo io un astuto parlatore. E questa mi è parsa la loro maggiore impudenza, in quanto si sono esposti con vergogna a farsi immediatamente smentire, giacché vi mostrerò con i fatti come io non sia quell' "astuto parlatore" che dicono. A meno che essi non intendano per "astuto parlatore" chi dice la verità; in tal caso concedo loro di essere un "oratore", ma non certo alla loro maniera. Costoro dunque, ed amo ripeterlo ancora, poco o nulla hanno detto di vero; ma da me non udrete che la verità. E per Giove, o Ateniesi, io non parlerò a voi con linguaggio ornato intessuto di frasi e di parole belle ed eleganti, come sono usi fare costoro. Io vi parlerò invece così, semplicemente, come le espressioni si presenteranno a me, ma improntate tutte, ne sono certo, a giustizia: non aspettatevi dunque altro da me. Non starebbe infatti bene, o cittadini, che un uomo della mia età si presentasse a voi cincischiando i suoi discorsi, come fanno i nostri giovanetti. Ecco, anzi, o Ateniesi, ciò che vi chiedo e di cui vi supplico; se v'accorgerete che nel difendere la mia causa io mi esprimo con quelle stesse parole che sono solito usare sia nella pubblica piazza presso i banchi dei trapeziti, dove molti di voi mi hanno potuto ascoltare, sia altrove, non vi meravigliate e non protestate: pensate che è la prima volta che mi presento davanti a un tribunale, ed ho ben settant'anni; sono dunque inesperto del linguaggio d'uso come un forestiero. E se fossi presso di voi veramente un forestiero, voi certo mi scusereste se parlassi con l'accento e lo stile cui sono stato educato. Vi prego dunque, e mi pare bene a ragione, che lasciate che io mi esprima alla mia maniera, buona o cattiva che sia. La sola cosa cui dovete badare, e badare molto scrupolosamente, è di vedere se io dica cose giuste o no. Questo, infatti, è l'ufficio proprio del giudice; quello dell'oratore è di dire la verità.

 

SOCRATE VUOLE CHE I GIUDICI GIUDICHINO SECONDO LEGGE E NON SECONDO PIETA'

D'altronde, lasciando da parte la questione dell'onore, non mi sembra giusto, o Ateniesi, pregare il giudice, né tentare di sfuggire alla condanna con le preghiere, bensì informarlo dei fatti e persuaderlo. Giacché il giudice non siede per amministrare secondo favore la giustizia, ma per giudicare secondo giustizia. Egli ha giurato infatti di non favorire a suo capriccio il tale o il tal altro, ma di giudicare secondo le leggi. Non dobbiamo dunque né abituarvi noi a non tenere fede al giuramento, né voi abituarvi da voi stessi; giacché non saremmo né noi né voi rispettosi degli Dei. Non vogliate dunque, o Ateniesi, che io faccia davanti a voi tali cose, che non giudico né belle, né giuste, né sante; tanto più, per Giove, che sono accusato di empietà da questo Melèto qui. Infatti, se io persuadessi voi a forza di preghiere e facessi violenza al vostro giuramento, vi insegnerei a non credere agli Dei; e proprio nel cercare di difendermi così mi accuserei chiaramente da me stesso, dimostrando che non credo negli Dei. Ma non è così; io credo, o Ateniesi, negli Dei, come nessuno dei miei accusatori; e lascio a voi e a Dio la cura di giudicarmi nel modo che sarà meglio per me e per voi

 

L'UOMO GIUSTO NON HA NULLA DA TEMERE DALLA MORTE

E dovete sperare bene anche voi, o giudici, dinanzi alla morte e credere fermamente che a colui che è buono non può accadere nulla di male, né da vivo né da morto, e che gli Dei si prenderanno cura della sua sorte. Quel che a me è avvenuto ora non è stato così per caso, poiché vedo che il morire e l'essere liberato dalle angustie del mondo era per me il meglio. Per questo non mi ha contrariato l'avvertimento divino ed io non sono affatto in collera con quelli che mi hanno votato contro e con i miei accusatori, sebbene costoro non mi avessero votato contro con questa intenzione, ma credendo invece di farmi del male. E in questo essi sono da biasimare. Tuttavia io li prego ancora di questo: quando i miei figlioli saranno grandi, castigateli, o Ateniesi, tormentateli come io ho tormentato voi se vi sembrano di avere più cura del denaro o d'altro piuttosto che della virtù; e se mostrano di essere qualche cosa senza valere nulla, svergognateli come ho fatto io con voi per ciò che non curano quello che conviene curare e credono di valere quando non valgono nulla. Se farete ciò, avremo avuto da voi ciò che era giusto avere, io e i miei figli. Ma vedo che è tempo ormai di andar via, io a morire, voi a vivere. Chi di noi avrà sorte migliore, occulto è a ognuno, tranne che a Dio.

De Causarum actore

Capitolo 13: il curatore fallimentare

Nel gennaio del 1992, mi viene notificata la nomina del curatore fallimentare, con il quale devo prendere contatto.

Mi presento, parlo per ore, porto documentazione, spiego la situazione.

Tutte le volte che il curatore mi chiama, sono sempre disponibile al massimo a dare tutte le risposte, ad evadere tutte le richieste.

Mi consiglia di nominare un legale: nonostante la mia "sfiducia" negli avvocati, seguo il consiglio.

L’avvocato segue tutte le pratiche, tutte le procedure, gli fa avere relazioni, memorie.

Risponde (usando i termini "legali") a tutte le richieste.

Una delle domande del curatore è relativa agli emolumenti da me presi nell’ultimo anno: secondo il curatore, io avrei dovuto lavorare gratis!

Mi chiede di restituire gli emolumenti che io avevo preso.

Intanto il primo problema è che, come fanno tutti gli italiani con lo stipendio, quello che ho preso l’ho speso (non credo di essere l’unico in Italia a dover fare la spesa, pagare il mutuo, comprare i vestiti, insomma "vivere"), quindi non ho proprio possibilità di restituire alcunché. Poi, mi sembra assurdo dover pensare che, siccome "stavano" truffandomi (ma io ancora non lo sapevo!) e quindi sarei arrivato al punto di non farcela più ad andare avanti, io, come fossi un indovino, dovevo evitare di darmi lo stipendio.

Cioè, la colpa del "dissesto" era mia perché, oltre a pagare gli stipendi a tutti i dipendenti, mi pagavo anche il mio.

Che poi mi stessero truffando "a raffica", persone delle quali avevo la massima fiducia, questo non ha importanza.

"Sì però lei ha prelevato 75 milioni di lire, in un anno e mezzo"

Allora chiariamo: io facevo l’amministratore della società, lavorando le mie belle otto ore al giorno se non di più. Un amministratore "normalmente" dovrebbe prendere "qualcosa di più" di un dipendente, o no?

I 75 milioni sono lordi, quindi ho avuto una trattenuta "alla fonte" del 19 %, pertanto in effetti ho incassato 60 milioni.

Su questi 60 milioni ho poi dovuto pagarci le tasse (non riesco più a trovare i 740 di quegli anni, cercherò ancora) e quindi il netto non superava nemmeno i 45/50 milioni.

Comparandolo con uno stipendio "normale" di un quadro, significa circa 2.500.000/2.700.000 di lire (stiamo parlando di un anno e mezzo: quindi 18 mensilità).

Vi sembra davvero che sia stato uno stipendio esagerato?

E considerate che nessuno versava alcunché all’INPS per la mia pensione.

Dieci anni prima, quando facevo l’impiegato presso terzi, prendevo già "netto" oltre 2.000.000 di lire, con diritto alla pensione!

I miei 2.000.000 netti di dieci anni prima, significavano un COSTO per l’azienda di 60.000.000 all’anno (fate i conti Voi!).-

Quindi dopo dieci anni, passando a mansioni di ben altra responsabilità (tanto è vero che adesso, dopo dodici anni, sono ancora in ballo!) stavo costando di meno!!! 75.000.000 in un anno e mezzo, significa 50.000.000 all’anno!

E questo sarebbe "assurdo?"

Sarebbe un "causare il dissesto finanziario dell’azienda"?

 

Un giorno, il curatore mi chiama e mi accusa di aver sperperato soldi in un viaggio: "ma lo sa, sua moglie, che lei se ne è andato in vacanza in Gabon con la signora Mattera? Ci sono le ricevute pagate alla camera dell'albergo: avete anche dormito insieme, questo non lo potrà negare!"

Il mio amico Beppe si sbellicherà dalle risate: sì, perché in Gabon c'ero andato con il "signor" Mattera (Beppe, appunto) ed eravamo andati a discutere di lavoro (stavamo seguendo un progetto di importazione di legname per il quale si dovevano organizzare i trasporti) .

E, per risparmiare sui costi aziendali, avevamo preso un'unica camera d'albergo (che, chiaramente, costa meno che due camere! Devo "puntualizzare" che i letti erano separati? Vogliamo chiamare a testimoniare la donna delle pulizie?)

Ma davvero il curatore pensava che fossi andato in vacanza con l'amica, a spese dell'azienda!

O adesso si era convinto che in vacanza c'ero andato con l'amico, "gay" sia lui che io?

Forse che ognuno giudica secondo il proprio metro?

Forse perché "mattera" finisce per "a", quindi, nella mentalità contorta del curatore, è certamente un nome di donna?

Ci sarebbe da ridere, se non ci fosse da piangere.

Si perché, dieci anni dopo, nella relazione del curatore, veniva riportato il fatto che erano state fatte spese per "viaggi" non giustificati, facendo chiaramente riferimento al viaggio in Gabon: una settimana di mare con la mia (o "il mio") amante!

 

Ed io dovrei perdere tempo per giustificare una simile assurdità?

 

E magari dovrei pagare un avvocato al quale spiegare la questione perché lui la riportasse al giudice usando quei termini legali che io non conosco?

De Causarum actore

Capitolo 14: ricominciare e poi?

Il mondo mi era crollato addosso: ciò che avevo costruito con tanto impegno (un’azienda di spedizioni, conosciuta a livello mondiale) chiudeva i battenti perché il male aveva vinto! Non bastava aver subito il "furto" di 250 milioni dalla contabile (ma perché non mi ero arreso subito?), non bastava aver "regalato" la proprietà dell’azienda a chi si era reso disponibile a versare nelle casse dell’azienda quanto bastava per risanare la situazione (ma perché non mi ero arreso subito?), non bastava aver subito la "truffa" di 150 milioni dall’avvocato (ma perché non mi ero arreso subito?), non bastava aver visto "crollare" il progetto portato avanti dal nuovo socio di maggioranza (ma perché non mi ero arreso subito?), non bastava aver trovato una porta chiusa da parte della banca (quella banca che mi aveva dato un fido di 100 milioni, per togliermelo proprio nel momento in cui avevo bisogno di usarlo, chiedendomi il rientro immediato entro 3 giorni! Ma vi rendete conto?).

Avrei potuto andare avanti e sperare in un improbabile "recupero". Avrei potuto aspettare che qualche fornitore chiedesse "lui" il fallimento, avrei potuto proporre un qualche "concordato preventivo".

No, ero troppo depresso: presi i libri e li portai in tribunale, non prima però di aver pagato tutti i dipendenti, aver versato tutte le tasse e gli oneri dovuti allo stato, aver cercato di lasciare meno debiti possibili (mia moglie, che lavorava come dipendente in azienda, NON HA MAI avuto la liquidazione!)

E poi?

Cosa avrei dovuto fare: aspettare che lo "stato italiano" mi desse una mano? Ma quando mai?

Lo "stato" se ne è ben guardato dall’aiutarmi a recuperare i soldi che mi erano stati rubati!

A cosa è servito fare denuncie, querele, cambiali, assegni?

Le mie denunce e le mie querele sono rimaste in qualche cassetto, tanto a chi vuoi che gliene freghi niente di me!

Le cambiali che mi avevano dato sono state forse protestate?

E gli assegni? La banca non aveva interesse a protestare gli assegni: così facendo avrebbero poi dovuto andare a prendere i soldi da chi aveva emesso quegli assegni! Era più facile portare tutte quelle somme a debito sul mio conto: in fondo io avevo un’azienda, sulla quale rivalersi! La "contabile" (ladra, rea confessa) non aveva niente, quindi per la banca era meglio avere un credito nei miei confronti!

 

Ho preso una vecchia anta di un vecchio armadio: l’ho appoggiata su due cavalletti di legno (quelli che costavano 2000 lire l’uno!). Quella era la mia nuova scrivania, sulla quale ho piazzato un vecchio computer avuto in prestito da un amico, ed ho ricominciato da zero (anzi da sottozero!).

Io non avevo niente: nessuna "somma" messa da parte (è fin troppo facile controllare i conti sia miei che di mia moglie per accertarsene), nessun "capitale" con il quale finanziare una nuova attività.

Avevo solo la mia reputazione: i miei fornitori "sapevano" che ero (e sono!) una persona seria. I miei clienti, conoscendo la mia serietà ed affidabilità, volevano continuare a far gestire a me le loro spedizioni.

È stato sintomatico un fatto successomi poco dopo che avevo ripreso ad operare: una Compagnia di Navigazione era solita rilasciarmi i documenti di spedizione contro pagamento immediato. Vedo arrivarmi i documenti senza che mi fosse richiesto il pagamento! Allora chiamo: "ho ricevuto i documenti, ma vedo che me li avete inviati senza che io avessi ancora pagato". La risposta è stata qualcosa che non mi sarei mai aspettato: "Paolo, ma noi lo sappiamo che tu sei una persona seria. Lo sappiamo che tu paghi. Prima non rilasciavamo i documenti, se non contro pagamento, perché era del tuo socio che non ci fidavamo! Ma su di te, non abbiamo dubbi"

E piano piano, giorno dopo giorno, sacrificio dopo sacrificio, i risultati cominciano ad arrivare: il lavoro aumenta. Si può cercare un "ufficio" degno di questo nome, assumere qualche persona, stringere nuovi accordi di lavoro.

Quando finalmente, dopo dieci anni, cominci a tirare un sospiro di sollievo, ecco la "mazzata": sei accusato di bancarotta fraudolenta e rischi da tre a dieci anni di galera, per qualcosa successo tanto ma tanto tempo prima. Qualcosa che ormai stavi cancellando dalla tua memoria, sapendo di essere stato vittima, senza che alcuna giustizia fosse mai intervenuta in tuo aiuto. E adesso, dopo essersi dimenticata di aiutarti per tutto quel tempo, la "giustizia" finalmente si ricordava di te, per accusarti! Da vittima, diventavi carnefice.

De Causarum actore

Capitolo 15: al Maurizio Costanzo Show (maggio ’92)

Avevo scritto a Costanzo, ai primi di maggio del 1992:

 

egregio signor Maurizio Costanzo

 

"E così non ci resta più niente in cui credere"

Iniziava così una poesia che avevo composto quando non avevo ancora vent’anni.

Però mi ero poi imposto di superare quel pessimismo e votarmi anima e corpo all’ottimismo: e per vent’anni ho insistito.

Ora ho quarant’anni e mi accorgo che (forse) avevo ragione allora, quando ero pessimista.

Però non vorrei arrendermi, ma i fatti sono fatti, ed ora li voglio elencare:

1. una giustizia ingiusta.

2. l’impossibilità di avere fiducia in chicchessia.

3. la corruzione dilagante in tutti i campi.

E scendiamo nei dettagli:

- giustizia ingiusta

a) basta che vostra moglie prenda un foglio di carta e chieda la separazione per un motivo banale qualsiasi che la ‘giustizia’ scatta impietosa: a lei la casa, a lei i figli e voi in mezzo ad una strada con l’onere di pagare gli alimenti (decisione immediata presa in via preventiva, in attesa poi di stabilire torti e ragioni). Poi però potete "ricorrere", che vuol dire vagare tra tribunali ed avvocati per anni senza ottenere niente. I giudici, ogni volta che viene fissata una udienza, sono soltanto capaci di dire :"allora, questa la rimandiamo a" (e vi danno una nuova data).

b) se subite un furto (come è successo a me) e la vostra contabile si porta via duecentocinquanta milioni e, quando voi lo scoprite, lei ammette, confessa, si impegna a restituire firmando cambiali e assegni (poi tutti protestati), voi non solo non recuperate una lira, ma a lei non succede niente (intanto è intervenuta la solita amnistia) e voi alla fine ci rimettete la ditta perché un buco da duecentocinquanta milioni (che ogni anno che passa aumenta, solo di interessi da pagare alla banca, di almeno altri cinquanta milioni) non è così semplice da tappare.

c) se provate a chiedere al tribunale di intervenire per recuperare un credito (con decreto ingiuntivo, o similari) vi costa solo soldi di avvocati e basta. Salvo il fatto che allo stato italiano non gliene frega niente che voi non recuperiate: lui le sue tasse su soldi che voi non avete neanche incassato le pretende, e le pretende subito.

- impossibilita' di avere fiducia in chicchessia

a) vostra moglie che si porta via casa e figli e vi costringe solo a pagare, non può valere la vostra fiducia

b) il vostro socio in affari (e grande amicone, prima) che, grazie alla complicità della moglie (avente mansioni di contabile), sottrae quattrini a iosa dalla società causandone il fallimento, non può valere la vostra fiducia

c) il vostro avvocato (e grande amicone, prima), che invece di aiutarvi vi truffa (avvocato Franco Bonaccorsi, radiato dall'albo lo scorso dicembre dopo che ha truffato non so quanti clienti, incluso il sottoscritto), non può valere la vostra fiducia

Ma se non si può avere fiducia nella moglie, nell'amico del cuore, nell'avvocato di fiducia, di chi bisogna fidarsi?

- corruzione dilagante

a) avete una attività in proprio e non riuscite a fare più di tanto. Poi scoprite che tutti i vostri amici che invece vanno bene devono la loro fortuna ad agganci particolari, appoggi politici, mazzette che pagano, appalti che vincono grazie solo a tangenti più o meno dichiarate, e voi dovete scegliere tra adeguarvi o scomparire. E vi chiedete cosa valga essere onesti.

b) vi propongono di entrare nel gioco e voi rifiutate: così venite additati (e scherniti) come "quello che vuole cambiare il mondo" e vi sentite ripetere: "tu non hai capito niente, ti devi adeguare, ma cosa aspetti a crescere". E vi chiede se non è questa la mafia.

c) vi fanno lavorare ad un particolare progetto, ci dedicate mesi della vostra vita, poi all’ultimo momento vi tendono una trappola e voi ci cascate: così i benefici vanno a qualcun altro (qualcun altro che - contrariamente a quanto fate voi - sta al gioco, divide le torte, paga le sue belle tangenti e si arricchisce).

E vi chiedete a cosa serva essere ‘cornuto e mazziato’.

Eppure, nonostante tutto, io continuo ad essere ottimista e fiducioso (o illuso???).

Mi sono risposato ed ho ripreso ad aver fiducia in una donna (che amo profondamente).

I miei tre figli ora sono tutti con me (i due del primo matrimonio e la bimba che compie tra poco quattro anni).

Ho una casa, un lavoro dignitoso, qualche amico sincero.

E il coraggio di poter continuare a camminare a testa alta.

E vi sembra poco ?

Però se ci fosse più giustizia, più "solidarietà" tra le persone e meno corruzione, il mondo sarebbe senz’altro migliore.

E potremmo ancora essere ottimisti (io continuo, nonostante tutto, ad esserlo) !!!.

 

 

Mi chiamò in trasmissione a metà maggio, nel 1992. Questo è il testo completo del dialogo (il video "originale" è certamente disponibile!)

 

 

 

 

 

 

 

 

De Causarum Actore

Epilogo: mi difendo da solo (il mio diario, dal 27 gennaio 2003, in poi)

27 gennaio 2003: oggi sono andato in Tribunale. Ho cercato la stanza del 415/bis, mi sono presentato ed ho iniziato a sfogliare la "cartella" che mi riguarda. Ho fotocopiato un bel 38 pagine degli atti, e poi, tornato a casa ho preparato la mia MEMORIA DIFENSIVA. Domani mattina intendo andare a consegnarla a mano. Eccola:

Segrate, 27 gennaio 2003

 

 

 

alla PROCURA di Milano

via Freguglia 1

20124 Milano

 

 

oggetto: prot. 43073/01 – fallimento (omissis) – 21.01.1992

egregio dott Pellicano

questa mattina mi sono recato in Procura ed ho preso visione degli atti depositati nella procedura avviata contro di me.

Ribadendo la mai ferma decisione di NON AVVALERMI di alcun legale, desidero però portare a sua conoscenza le mie contestazioni, punto per punto, sui vari capi di accusa:

  1. distraeva in concorso con il socio Conti (etc etc): mi sembra ampiamente dimostrato che si trattava dei "compensi all’amministratore" a me dovuti. Questo punto era già stato chiarito con il curatore, il quale sembrava aver capito che, lavorando otto ore al giorno interamente e solamente per l ‘azienda, gli emolumenti mi fossero assolutamente dovuti. Poiché anche il Conti "lavorava" per l’azienda, una somma analoga era stata destinata per pagare le sue prestazioni.
  2. Dissipava parte apprezzabile dei beni con spese per viaggi, pernottamenti, ristorazioni (etc, etc): mi sono preso la briga di andare a leggere la relazione del curatore e noto:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  1. Distraeva, in concorso con il socio Conti, (etc etc): questo punto riguarda l’autovettura per la quale ho già dato spiegazioni al paragrafo precedente
  2. Cagionava dissesto della società omettendo di comunicare agli altri soci (etc etc) l’ammanco di cassa conseguente all’appropriazione indebita della Socia Raffaelli Gabriella: questo è davvero quanto di più assurdo possa essere asserito! Cioè "omettevo" di comunicare alla LADRA che lei (unica mia socia!) aveva causato un ammanco di cassa "rubando" soldi a mia insaputa? Ma qualcuno si rende conto di quale tipo di accusa sia questa?

 

A questo punto, terminate le contestazioni ai punti evidenziati dall’imputazione ricevuta, mi preme contestare altri punti che ho rilevato dalla relazione del curatore:

 

  1. pag. 15: il curatore scrive "ma il fatto più grave è che il Federici era ed è titolare di altra società … costituita in data 17.7.91".- Dunque, il 3 luglio 1991 (quindi ben DUE SETTIMANE PRIMA della costituzione di altra società) ho dato le DIMISSIONI da amministratore della F.I.S. come da raccomandata consegnata a mano al sig. Conti e da lui debitamente FIRMATA PER RICEVUTA. Non vedo perché non avrei potuto costituire altra società, DOPO aver dato le dimissioni dalla F.I.S.!? Poiché poi, nel corso dell’assemblea del 27 luglio 1991, come risulta dal verbale "l’assemblea … accetta le sue dimissioni, ma prega lo stesso di rimanere alla guida della società per il disbrigo delle pratiche occorrenti e necessarie per l’operazione di cui al punto precedente (ricorrere al Tribunale per la richiesta di ammissione alla procedura di concordato preventivo)" ho ritenuto, per una questione di professionalità, cedere le mie quote relative alla proprietà di altra azienda. Quando, nel febbraio 1992, il curatore mi ha chiesto se avessi niente a che fare con la nuova società, ho ovviamente risposto che, pur essendone stato socio fondatore, non ero coinvolto direttamente nella gestione. Mi preme precisare che SE AVESSI AVUTO QUALCOSA DA NASCONDERE, non avrei costituito altra società apparendo con il mio nome! Proprio questo mio "apparire" come socio (dopo aver dato le dimissioni dalla F.I.S.), dovrebbe dimostrare l’assoluta buone fede del mio comportamento
  2. quando vengo convocato dal curatore (tra l’altro, il curatore mi convoca con telegramma – allegato - inviato al mio indirizzo "Federici Paolo via Donizetti 15 20090 Segrate" – mi torna difficile comprendere come, dieci anni dopo, pur non essendo assolutamente variato l’indirizzo, si sia reso necessario ricorrere ai carabinieri per "trovarmi"), mi presento e porto con me la "relazione" che è ora allegata
  3. il curatore, nell’esporre i fatti relativi al rapporto con l’avvocato Bonaccorsi ed, in sub-ordine, le trattative seguite dall’avvocato stesso con SBS FACTORING ed ENTE SPEDIZIONI, non tiene in alcun conto le considerazioni del sottoscritto, per le quali basta rileggersi le lettere da me inviate al Bonaccorsi fin dal 17 gennaio 1990 (allegata). E poi quella del 5 marzo 1990 (allegata). Alla lettera del 5 marzo ha fatto seguito fax del Bonaccorsi del 6 marzo 1990 (allegato). Si allega inoltre la lettera inviata al Bonaccorsi in data 6 dicembre 1990. Nonché atto di citazione predisposto dall’avv. Litta Modignani (per conto F.I.S.) contro l’avv. Bonaccorsi (non so dire se l’atto, da me debitamente firmato, sia mai stato effettivamente presentato! Questo dovrebbe essere richiesto all’avvocato Litta Modignani!)
  4. e, per concludere, vorrei spendere due parole sulla questione "UGANDA". Questa "questione" è stata ampiamente sviscerata, dal sottoscritto. Sia con numerosi incontri con il curatore (ma il curatore non ne fa parola nella sua relazione!), sia con numerose relazione dettagliate sulla situazione (ma anche di queste non ne trovo alcun riscontro, agli atti). Mi permetto allora allegare la mia relazione preparata in data 16 maggio 1994 e debitamente recapitata al curatore.- Sembra che di questo mio "immenso" lavoro il curatore non ne abbia preso alcuna nota! Il 14 ottobre 1996 il curatore mi scriveva (vedi allegato), ed io ribadivo interamente la mia posizione. Vorrei puntualizzare che gli ho fatto avere una relazione di un centinaio di pagine (con vari allegati, traduzioni, spiegazioni, dettagli tecnici, nonché addirittura il testo – in word – su floppy disk), la stessa che ora trova qui allegata. Non capisco come il curatore l’abbia interamente ignorata! Vorrei anche aggiungere: quando il curatore mi chiese perché avessi venduto i camion "senza averne autorizzazione", io gli risposi che l’autorizzazione l’avevo avuta con l’atto del Tribunale che autorizzava il sequestro e che l’avvocato Bonaccorsi mi aveva confermato che con tale autorizzazione potevo venderli! Al che il curatore "ma qui non c’è scritto che lei era autorizzato a vendere". Ed io "ma l’avvocato mi aveva detto di sì, che potevo venderli". E lui "e se l’avvocato le dice di buttarsi dal quinto piano lei lo fa!?" In quel momento ho capito, se ancora avevo dei dubbi, che l’avvocato NON SERVE A NIENTE SE NON A PEGGIORARE LA SITUAZIONE!

 

Ed ora vorrei passare all’accusa! Sì perché è mia intenzione chiedere di agire contro il curatore fallimentare, per le seguenti motivazioni:

 

  1. Nonostante le mie continue richieste, non mi ha MAI fatto conoscere la reale situazione della F.I.S. (chi si era insinuato al passivo e con quali motivazioni, onde permettermi l’eventuale contestazione). Non mi ha mai fatto avere copia del bilancio definitivo da lui stilato (noto che non è neppure allegato alla relazione presentata dopo dieci anni!).
  2. Non ha mai avviato alcuna azione per il recupero del credito né nei confronti della Raffaelli, né nei confronti del Bonaccorsi (noto che non appare alcun allegato alla relazione, in merito!).
  3. Non ha tenuto in alcun conto le mie "100 pagine" di relazione per contestare la richiesta dell’Uganda Commercial Bank, limitandosi a concedere un’iscrizione tardiva (tardiva di ben 10 anni essendo stata presentata il 14 dicembre 2001!) al passivo e "transando" per una somma assurda (tanto non deve mica pagare lui!)
  4. Ha espresso un parere di parte sulla questione dell’Uganda, schierandosi decisamente dalla parte del Conti, scrivendo "per quanto mi risulta il CONTI è rimasto estraneo alla gestione societaria, ed anzi ho tratto l’impressione che egli abbia subito a suo danno quella svolta dal FEDERICI".
  5. Non ha mai dato risposta alla mia lettera del 11 marzo 1996 (allegata). Per tale sua mancanza, ho ancora buona parte di mobili di casa pignorati!

 

A questo punto non mi resta che augurarLe buon lavoro, in attesa di conoscere le Sue decisioni in merito

 

Paolo FEDERICI

 

 

Allegati

 

 

ho preparato una cinquantina di fogli che riguardano gli "allegati" normali relativi ai 13 punti sopra indicati, raccogliendoli in un raccoglitore a spirale (grande!)

Poi ne ho preparati altri due (raccoglitori grandi, a spirale) per i cento e più fogli che riguardano la questione "Uganda". Praticamente la copia del lavoro fatto anni addietro e del quale, finora, nessuno sembra aver mai tenuto conto.-

28 gennaio 2003: oggi sono andato in Tribunale. Ho cercato la stanza del dott. Pellicano e mi sono presentato con il mio "pacco" di documenti. Il "cancelliere" è stato gentilissimo. Ha ritirato tutti i miei documenti, mi ha firmato la "distinta" per ricevuta e – quando gli ho chiesto se potevo parlare con il magistrato - mi ha detto che avrebbe richiesto al p.m. (dott. Pellicano) se poteva sentirmi. Mi sono seduto, tranquillamente, ad aspettare.

Quando il dott. Pellicano è uscito mi dice:

"Scusi, Federici, ma io oggi proprio non ho tempo da dedicarle!"

"Vede, dottore, ho bisogno solo di pochi minuti, per spiegarle un po’ di cose"

"Stia tranquillo, ho già letto la sua lettera e posso anche capire la sua posizione, ma ci sono delle procedure alle quali attenersi!"

"Di questo già la ringrazio. Oggi comunque ho portato altra documentazione. Vede, ieri ero venuto a prendere visione delle accuse che mi sono state fatte ed in ventiquattr’ore ho preparato risposte dettagliate per ogni punto in contestazione"

"Leggerò tutto, stia tranquillo"

"Sì però vorrei anche parlarle; se non può oggi, mi dica lei quando può fissarmi un appuntamento"

"Le va bene dopodomani, giovedì 30?"

"Benissimo. Facciamo alle dieci?"

"Lei venga quando vuole, che io sono in ufficio"

"Grazie mille, ci vediamo giovedì"

 

 

30 gennaio 2003: mi ha ricevuto il dott. Pellicano dicendomi

"caro Federici, ho letto tutta la documentazione che mi ha mandato e mi lasci dire subito che da un punto di vista "etico" mi sono convinto che lei è assolutamente incolpevole. Molte delle sue giustificazioni sono certamente accettabili, ma ci sono alcune procedure alle quali attenersi ed, in caso di fallimento, la legge prevede che l’amministratore non prelievi fondi dalle casse aziendali per suo uso e consumo"

"caro dott. Pellicano, io non ho prelevato altra somma che quella prevista come emolumento: mi pare che chiunque lavori debba essere retribuito! Lo prevede anche la Carta dei Diritti Umani! Se vuole possiamo discutere sul "quantum": Lei converrà che un "costo" aziendale di 50 milioni di lire annui è equiparabile al costo di un impiegato di alto livello con qualche anno di anzianità. Insomma, io non ho prelevato centinaia di milioni per "pagare" le mie prestazioni, ma solo quanto previsto dal verbale di assemblea"

"Caro Federici, ripeto: lei ha la mia solidarietà! Capisco che Lei abbia fatto il possibile, e potrei anche essere propenso a chiedere l’archiviazione del caso, ma al giudice devo portare delle giustificazioni sul prelievo e, sulla base dei dati di fatto e delle leggi vigenti, queste giustificazioni mancano. In fondo Lei ha prelevato 75 milioni da un’azienda che aveva un capitale sociale di solo 20 milioni"

"scusi, ma intanto i 75 milioni sono stati prelevati in 18 mesi – diciotto mesi nei quali io ho dedicato tutto il mio tempo solo ed esclusivamente all’azienda e quindi ribadisco il mio diritto ad essere pagato per il mio lavoro. E poi il capitale era stato aumentato a 200 milioni già da un paio di anni, versando nelle casse sociali la differenza tra 20 e 200! E poi tutti gli "utili" erano sempre rimasti nelle casse sociali, dando vita ad un "conto riserve" che, praticamente, aumentava ancora di più il capitale"

"comunque, mi spiega come mai tutto quello che lei ha detto a me non lo ha detto anche al curatore?"

"ma io ho detto tutto quanto "anche" al curatore! Portandogli la stessa documentazione che ora ho portato a lei. Forse sarebbe il caso di chiedere al curatore perché ha voluto "infierire" su di me, non tenendo conto delle mie giustificazioni"

Ci siamo lasciati con la promessa di risentirci dopo il 15 febbraio: il dottor Pellicano mi farà sapere se avrà deciso definitivamente per l’archiviazione o se la storia avrà ancora un seguito!

Certo che se decidesse per l’archiviazione, anche questo "libro" conoscerà la parola fine!

 

 

31 gennaio 2003: ho scritto questa lettera ad alcuni giornali

sono andato nella "fossa dei leoni": si', ho avuto un incontro con un GIP (Giudice per le Indagini Preliminari) del pool di Milano.-

Lo scorso 15 gennaio mi è arrivato un "AVVISO DI GARANZIA" con l'imputazione di "Bancarotta fraudolenta" che avrei consumata nel lontano 1991.-

In effetti mi sono sentito, come può essere successo al nostro amato Presidente del Consiglio, braccato ed accusato di qualcosa di assolutamente ingiusto!

Però, avendo una certezza assoluta: la mia completa innocenza.

Ho "litigato" (bonariamente, per telefono) con il giudice perché la legge mi impone di nominare un difensore (e se non lo nomino io, me lo nomina il giudice, d'ufficio), ma io l'avvocato non lo voglio.

Pressato dagli amici (prendi l'avvocato, ma non sai cosa rischi, non puoi difenderti da solo) sono andato in Tribunale (senza avvocato, però!) a prendere almeno visione degli atti (il 27 gennaio).

Ho fatto una cinquantina di fotocopie (spesa: sei euro e venti centesimi) e sono tornato a casa.-

Ho preparato la mia "memoria difensiva" ed il giorno dopo (28 gennaio) mi sono presentato dal giudice chiedendo di depositare la mia "difesa" e chiedendo di essere ascoltato.-

Il giudice ha preso tutte le carte che gli ho consegnato e mi ha fissato un incontro per il dopodomani, cioè giovedì 30 gennaio.-

Quando ci siamo incontrati, il 30 gennaio, il giudice aveva avuto modo di leggersi le mie carte e non ha potuto fare altro che ammettere che, in effetti, il reato contestatomi sulla base della relazione del curatore fallimentare, sicuramente (almeno da un punto di vista etico, morale) non c'era.

Mi ha chiesto di lasciargli qualche giorno per rivedere tutta la questione ma mi ha promesso che entro due settimane mi avrebbe comunicato la sua decisione finale.

Ha capito che, per spiegargli come stavano davvero le cose, non avevo bisogno di nessun avvocato!

Gli avvocati servono quando devi cercare il cavillo, la "scappatoia", la leggina che ti permette di invocare la prescrizione.

Ma se hai ragione, non hai da temere alcunché (mio padre mi diceva: male non fare, paura non avere).

Conto di chiamarlo il 17 febbraio per sentirmi dire che la questione è stata definitivamente archiviata.-

Ma perché qualcuno ha paura del "pool" di Milano?

Paolo FEDERICI

 

 

17 febbraio 2003: (ricordarsi di chiamare il dott. Pellicano)

 

Lo so, lo so che volete sapere come è andata! Ma il dottor Pellicano è molto occupato e mi ha chiesto ancora un po’ di tempo.

E quindi anche tu, mio caro lettore, devi pazientare!

Comunque stai tranquillo: non appena ci sono novità, questa pagina sarà aggiornata!

 

 

Paolo Federici – per scrivermi federicipaolo@hotmail.com

 

17 marzo 2003: ho (finalmente!) richiamato il dottor Pellicano

Mi ha confermato che ha richiesto (al GIP) l’archiviazione del caso perché tutte le spese in contestazione sono state, in effetti, da me abbondantemente giustificate.

 

FINE

De Causarum Actore

Post Scriptum: l’avvocato che mi fa vincere le cause

Ho appena terminato di scrivere la “bozza” del libro e mi è sembrato giusto mandarla in lettura al mio avvocato.

“Ma come – direte Voi – dopo tutto quello che hai scritto, hai ancora un avvocato del quale ti fidi?”

Il fatto è che ci sono cose che è impossibile gestire senza avvocato! Come ho scritto nel libro, ci ho provato in mille modi, ma una delle maggiori contestazioni che ho dovuto affrontare è quella dell’imposizione di nominare un legale per “trattare” con la Giustizia!

E se un cliente ti fa un Decreto Ingiuntivo reclamando il pagamento di somme che tu ritieni “non dovute”, l’unica cosa da fare è prendere un avvocato e farsi difendere!

Ed io mio “ultimo” avvocato, dopo aver letto la “bozza” mi ha scritto: “caro Paolo, dovresti aggiungere un capitolo sull’avvocato che ti fa vincere le cause”!

E mi allega la sentenza del tribunale che, nell’ultima causa discussa, ci da ragione!

Solo che mi ha allegato anche la parcella!

E allora il capitolo aggiuntivo diventa assolutamente necessario!

Lascio, come al solito, allo scambio epistolare avuto con l’avvocato la “spiegazione” del fatto!

 

egregio avvocato,

l'ho cercata al telefono ma Lei non c'era

Mi premeva chiarire la situazione legata alla pratica “omissis” (l'ultima che abbiamo VINTO!)

Per quel poco che posso capirci, se uno vince una causa TUTTE LE SPESE le dovrebbe pagare la controparte (poi sappiamo entrambi che magari il giudice liquida 100 di spese mentre l'avvocato ne vuole 110 e allora, pur vincendo, un "10" extra la proprio avvocato bisogna comunque pagarlo ...!)

Visto che il giudice ha condannato controparte a pagare 3.222.51 euro, mentre VOI ne vorreste circa 3.500 io mi sono reso disponibile a pagarVi la differenza (dovrebbero essere circa 275/280 euro!)

Visto anche che Vi ho già pagato euro 2.748.03 (netti: le fatture assommano a euro 3.214.42! 2.748.03 è il netto dedotto la r.a.! Naturalmente ho versato anche la R.A.!) ritengo che dovreste VOI restituirmi la differenza (2.748.03 meno 275/280 = circa 2.450 euro)

Naturalmente non è mia intenzione chiederVi di regolarizzare immediatamente la posizione; intendo lasciandoVi il tempo di recuperare da controparte la somma liquidata dal giudice.

Certo che se VINCERE una causa vuol dire dover pagare circa 7.300 euro (3.214.42 euro, già pagati, più altri 3.500 netti = 4.063.68 lordi, che Voi pretendereste immediatamente) penso che sia meglio abbandonare ogni speranza di avere giustizia!

Insomma un "cliente" mi chiedeva di pagargli circa lire 7.000.000 (che oggi sono 3.615 euro) mentre io ritenevo di NON dover pagare!

Ho chiesto alla "GIUSTIZIA" di risolvere la questione.

La "GIUSTIZIA" mi ha dato ragione ... e adesso che ho vinto devo pagare PIU' che se avessi perso la causa (circa il doppio!)!!!

Mi sa che ce n'è abbastanza per un nuovo capitolo ...!

Attendo vostri commenti, possibilmente PER ISCRITTO!

grazie

Paolo FEDERICI

 

Egr. Sig. Federici.

Non accetto polemiche del genere.

Per quanto mi riguarda ho svolto il mandato assegnatomi ed emesso la relativa fattura. (Fra l'altro ben inferiore a quanto potessi giuridicamente esporre)

Ciò premesso esigo il pagamento. Dopodiché quando e se “omissis” mi farà avere l’assegno sarà mia premura trasmetterglielo. Diversamente se non pagherà potrà incaricarmi di recuperare il credito, sempre che la “omissis” non voglia appellare la sentenza (Per l'esattezza la condanna alle spese della “omissis” diventerà esecutiva solo successivamente al decorso dei termini per proporre appello.)

Ebbene, non è mio compito risolvere i massimi problemi della giustizia.

Credo di aver successivamente chiarito la mia posizione.

Aspetto il pagamento. Poi sarà libero di decidere di cambiare avvocato.

Cordiali saluti.

 

caro avvocato,

Insomma ci risiamo!

Io HO PAGATO Lei perché Lei portasse avanti la pratica (le ho fatto avere già “netti” euro 2.748.03, pari ad euro 3.214.42 lordi)

Adesso ABBIAMO vinto la causa e allora ... debbo pagarLe altri 3.500 euro netti (più versare il 20 pct di ritenuta d’acconto, quindi il lordo è di 4.063.68)!

Ma siamo davvero ammattiti?

Chiederò lumi all'ordine degli avvocati nonché all'associazione dei consumatori e poi ci risentiamo!

Mi sembra ovvio che NON SERVE A NIENTE CAMBIARE AVVOCATO.

La prossima volta che qualcuno mi chiama in causa MI DIFENDO DA SOLO, come ho "quasi" sempre fatto!

Anzi, se LEI adesso intende farmi causa, sappia già fin d'ora che MI DIFENDERO' DA SOLO!

Sono arcistufo di pagare altra gente per NIENTE!

Paolo FEDERICI

 

caro Federici

non posso che essere lieto che lei chieda lumi all'ordine così si renderà conto di come stanno davvero Le cose.

Per quanto mi riguarda farò la stessa cosa chiedendo la liquidazione della parcella.

Saluti.

 

A questo punto la situazione è questa:

-         somme fatturateci (e da noi pagate!) dall’avvocato di Milano euro 933.40

-         somme fatturateci (e da noi pagate!) dall’avvocato di Napoli (nominato dal nostro avvocato di Milano in quanto la causa si discuteva a Napoli) euro 2.281.02

 

Quindi ho già “pagato” in totale euro 3.214.42

 

Il Giudice ha stabilito che il TOTALE delle spese dovrebbe essere di euro 3.222.51 (che comunque dovrebbero essere pagati dalla controparte che ha perso, ma sorvoliamo!) e quindi all’avvocato che mi ha difeso spetterebbe ancora una differenza di euro 8,09 …!

 

Cioè mettiamola così:

-         controparte mi deve pagare 3.222.51 euro (ma non me li pagherà mai perché l’avvocato ha abbandonata la causa)

-         io, avendone già “pagati” 3.214.42 all’avvocato, gliene dovrei dare ancora 8,09

-         invece l’avvocato PRIMA ne ha chiesti quasi 9.000 … poi ha ridotto le sue richieste ad “altri” 3.500 netti (lordo 4.063.68)

 

Quindi io sono cornuto (perché pur avendo vinto la causa, le spese che dovrebbero essermi rimborsate dalla controparte tocca pagarle a me!) e mazziato (perché nonostante l’indicazione del giudice per un totale di euro 3.222.51, l’avvocato ne vuole circa 7.300 (3.214.42 già pagati e 4.063.68 ancora reclamati!)

 

Insomma, questo libro non poteva proprio avere un finale peggiore!

De Causarum Actore

E non finisce qui: l’avvocato che mi fa causa perché non gli pago la parcella

Se avete letto il capitolo precedente, avrete notato come l’avvocato si sia inalberato chiedendomi somme assurde ed improponibili.

Oggi (7 aprile 2004) mi è arrivato l’ATTO DI CITAZIONE: mi viene chiesto di pagare euro 3.500. Però l’avvocato (furbescamente) non indica gli acconti già versati (per un netto di euro 2.748.03, pari ad un lordo di euro 3.214.42!).

La domanda è: se il giudice ha liquidato le spese in “euro 490.85 per spese, euro 1.856.97 per onorario, euro 874.69 per diritti”, quindi per un totale di euro 3.222.51, perché l’avvocato anziché euro 1.856.97 (stabiliti del giudice quale “onorario”) ne vuole quasi 7.300?

E perché non tiene conto dell’acconto di euro 2.748,03 netto (3.214,42 lordo) già versato.

Dunque abbiamo

A)     la somma totale di euro 3.222.51 dovrebbe essere pagata dalla controparte che ha perso la causa

B)     questa somma dovrebbe essere incassata dall’avvocato, il quale dovrebbe restituirmi l’acconto di euro 2.748.03 versatogli

Invece no: l’avvocato NON ha portato a termine il suo mandato (infatti i 3.222.51 euro non sono mai stati pagati dalla controparte), NON ha tenuto in considerazione l’anticipo di euro 2.748.03 già versato, NON ha tenuto in considerazione le somme liquidate dal giudice, ma vuole che io gli paghi “altri” 3.500 euro netti = lordo 4.063.68!

Ma bravo!

Nel frattempo si aggiunge un’altra chicca:

Un cliente non mi pagava una fattura di euro 1.330.82. Ho dato mandato all’avvocato (il solito del caso riportato sopra!) di far fare decreto ingiuntivo. Il decreto ingiuntivo è stato emesso in data 20 maggio 2003. Il cliente non ha fatto alcuna opposizione, per cui il decreto è diventato esecutivo. Sono passati mesi e mesi, ma il pagamento non arrivava.

Arriviamo così a febbraio 2004.

Chiamo l’avvocato e, visto che ormai sono passati quasi 10 mesi, chiedo “ma insomma, si può sapere cosa dobbiamo fare adesso?”

L’avvocato mi dice che preparerà il precetto.

Poiché questo vuol dire altre spese legali … chiamo il cliente.

Ma lasciamo allo scambio mail il seguito

 

caro (omissis)

ti ho cercato, ma non ci sei!

Mi scrive il mio avvocato

--

Egr. Sig. Federici, ho preparato il precetto contro la società (omissis) ... etc etc

--

come saprai, la spett.le (omissis) NON ha fatto opposizione al mio decreto ingiuntivo, quindi lo stesso e' diventato esecutivo ed inappellabile

Ora le possibilità sono due:

- mi pagate SUBITO quanto stabilito dal giudice

- mi obbligate a far fare il PRECETTO dall'avvocato, con ulteriore aggravio di spese (naturalmente a carico della spett.le “omissis”!)

Entro lunedì devo dire all'avvocato se procedere con l'atto di precetto o meno!

Cosa facciamo?

Mi fai sapere?

grazie

Paolo 

Il “cliente” mi dice che è disposto a pagare e chiudere la questione!

Allora – ad evitare equivoci - scrivo all’avvocato

mi può dire quanto deve pagare “omissis” (inclusivo di spese legali e di quanto a Voi dovuto?)

grazie

Paolo Federici

 

Ricevo questa risposta:

la somma complessiva del precetto è di euro 1996,27 di cui 1.330 in sorte capitale ed euro 42,88 per interessi.

il resto sono spese legali.

 

Quindi fisso un incontro con “omissis” e mi faccio dare un bell’assegno per euro 1.996,27.

Addirittura “omissis” scrive sulla lettera di trasmissione dell’assegno:

 

Siamo ad inviarvi assegno a saldo come da estratto conto seguente

-          vostra fattura “xxx” euro 1.330.00

-          interessi sorti euro 42.88

-          spese legali euro 623.39

 

totale euro 1996,27

 

Felice per aver finalmente risolto il problema, chiamo l’avvocato. Poiché gli avevo fatto avere un acconto di euro 200, ritengo di dover saldare il tutto trasmettendogli una ulteriore somma di euro 423.39!

E invece l’avvocato mi scrive:

no.

quelle sono le spese liquidate dal giudice!!!

la parcella dell'avv. “omissis” è più alta.

Al che parto all’attacco:

caro avvocato

e allora continuiamo a NON capirci

Io pago SOLO quanto liquidato dal giudice.

Se non le va bene, doveva chiedere al giudice di liquidare una somma più alta per le spese legali di vostra competenza!

Non vedo perché devo essere sempre io a rimetterci!

Sono veramente veramente STUFO!

Già è ridicolo che mi vengano riconosciuti solo euro 42.88 di interessi dopo aver aspettato 13 mesi  (la LEGGE attuale dice che l'interesse annuo dovrebbe essere intorno al 10 per cento, quindi 1330 euro in un anno significherebbero almeno euro 133 di interessi!)

Io sono disposto a pagarLe la differenza tra quello liquidato dal giudice (euro 623) e quello già anticipatovi (euro 200)

Naturalmente applicando le dovute detrazioni per la r.a.

Mi faccia sapere se va bene per chiudere la faccenda oppure se vuole farmi causa, aggiungendola all'altra che già vuole intentarmi!

Avrò così materiale per aggiungere un altro capitolo al mio libro

salutoni

Paolo Federici

Ricevendo questa risposta

non c'è problema riceverà la mia citazione.

Grazie

Citazione che mi arriva il 7 aprile 2004.

L’udienza è fissata per il 28 giugno 2004! Naturalmente andrò senza avvocato!

Per sapere come andrà a finire, ci vuole un po’ di pazienza!

CONTINUA